Filippo Bongiovanni, Profili penali dei condoni previsti dalla Finanziaria 2003
1. Premessa
Nella manovra finanziaria per il 2003 (legge 27 dicembre 2002, nr. 289) il legislatore ha previsto diversi istituti volti alla definizione agevolata dei rapporti tributari. La possibilità di accedere ad alcuni di questi istituti era, in un primo tempo, impedita dall’esistenza a carico del contribuente di un procedimento penale per alcuni reati, perlopiù di natura fiscale, di cui questi aveva avuto formale conoscenza.
Al fine di ampliare quanto più possibile la platea dei possibili beneficiari dei “condoni” il governo ha emanato il dl 282/02, convertito dalla legge nr.27/2003, che ha integrato e modificato la finanziaria 2003. In particolare, per il profilo che qui interessa, è stata rivisto e circoscritto l’impedimento di natura penale. Ad escludere l’accesso alle sanatorie non è più sufficiente la pendenza in capo al contribuente di un procedimento penale, ma occorre che sia stata esercitata l’azione penale.
Per la precisione, inibisce l’accesso agli istituti premiali l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza.
Prima di addentrarci nell’esame delle problematiche di carattere penale relative alle singole procedure di definizione occorre preliminarmente chiarire cosa si intende per azione penale, per poi individuare le diverse modalità, anche non espressamente codificate, di esercizio di essa e le rispettive forme di comunicazione all’imputato.
2. L’azione penale
L’esercizio dell’azione penale è atto esclusivo del pubblico ministero. E tale rimane anche quando l’atto è imposto dal giudice ( c.d. imputazione coatta). Con esso il rappresentante della pubblica accusa formula l’imputazione; cioè a dire, descrive il fatto storico costituente reato e ne individua il colpevole. Sull’ipotesi formulata provoca una decisione del giudice.
Considerate le diverse modalità di esercizio dell’azione penale, quando può ritenersi che l’imputato ne abbia avuto formale conoscenza,? Infatti, solo in alcune ipotesi (p.es. citazione diretta, contestazione di fatto nuovo in udienza) questi è informato direttamente dal p.m.. Normalmente, invece, l’informazione all’imputato relativa all’esercizio dell’azione penale viene veicolata da un atto del giudice.
Occorre allora individuare con precisione gli atti del pubblico ministero che integrano esercizio dell’azione penale e il momento in cui questi atti vengono formalmente portati a conoscenza dell’imputato.
2.1 procedura ordinaria
La procedura ordinaria prevista dalla legge per la comunicazione all’imputato dell’avvenuto esercizio dell’azione penale è disciplinata dall’articolo 419 del c.p.p. Questo articolo prevede che il giudice per le indagini preliminari, ricevuta dal pubblico ministero la richiesta di rinvio a giudizio, fa notificare all’imputato l’avviso del giorno, dell’ora e del luogo dell’udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero. Si può senz’altro affermare che il momento in cui l’imputato ha formale conoscenza del procedimento penale a suo carico è quello in cui l’avviso gli viene notificato.
Vediamo quali sono le altre possibilità previste dal codice di procedura penale.
2.2. citazione diretta a giudizio
Quando si procede per contravvenzioni o per delitti puniti con pena non superiore nel massimo a quattro anni il pubblico ministero esercita l’azione penale mediante citazione diretta a giudizio dell’imputato. Si considerino, per rimanere in tema di illeciti tributari, il reato di dichiarazione infedele, punito con la reclusione da uno a tre anni e il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, previsti, rispettivamente, dagli articoli quattro e undici del decreto legislativo nr, 74/2000. In questi casi il momento della formale conoscenza dell’avvenuto esercizio dell’azione penale è dato dalla notifica del decreto di citazione a giudizio emesso dal pubblico ministero. (articoli 550 e 552 c.p.p.).
2.3. patteggiamento richiesto durante l’indagine preliminare
Altra modalità di notifica dell’avvenuto esercizio dell’azione penale è prevista dall’articolo 447 c.p.p. in tema di richiesta di applicazione della pena (c.d. patteggiamento) nel corso delle indagini preliminari. Anzi, per la verità, questo articolo prevede diverse ipotesi: innanzitutto, nel I comma si prospettano i casi di richiesta di patteggiamento presentata congiuntamente da p.m. e da imputato o di richiesta di una parte con consenso scritto dell’altra. Nel primo caso la formale conoscenza coincide con il momento della richiesta; nel secondo con il momento in cui l’indagato presta il proprio consenso ovvero riceve formale notizia del consenso prestato dal pubblico ministero. Il terzo comma prevede, poi, che previa richiesta di una parte, il giudice per le indagini preliminari fissa all’altra parte un termine per esprimere il consenso o il dissenso. Anche qui, la formale conoscenza deve essere fatta coincidere con il momento in cui l’imputato presta il proprio consenso, ovvero viene a conoscenza del consenso prestato dal p.m.
2.4 giudizio direttissimo, giudizio immediato, procedimento per decreto
Nel giudizio direttissimo l’azione penale si esercita con la contestazione orale al dibattimento, nel caso in cui l’imputato sia in vinculis, ovvero con la citazione dell’imputato a comparire all’udienza per il giudizio direttissimo. In quest’ultimo caso l’imputato ha formale notizia del procedimento all’atto della notifica della citazione.
Nel giudizio immediato l’imputato ha formale conoscenza dell’esistenza del procedimento all’atto della notifica del decreto del giudice che dispone il giudizio.
In caso di procedimento per decreto, con la notifica del decreto penale di condanna.
2.5. imputazione coatta
Nell’ordinamento sono però rinvenibili altre modalità di esercizio dell’azione penale. Innanzitutto, viene in considerazione la formulazione coatta dell’imputazione ordinata dal giudice quando non accoglie la richiesta di archiviazione avanzata dal p.m. e, al termine dell’apposita udienza in camera di consiglio, non ritiene di indicare ulteriori indagini. In questo caso, a seguito dell’imputazione coatta formulata dal p.m., il giudice fa notificare all’imputato il decreto che dispone il giudizio. Con la notifica di tale atto l’imputato ha formale conoscenza dell’avvenuto esercizio dell’azione penale.
2.6. esercizio dell’azione penale nell’udienza preliminare
L’azione penale può essere esercitata anche nel corso dell’udienza preliminare. Infatti a norma dell’art. 423 c.p.p., se il fatto risulta diverso da come è descritto nell’imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera b del c.p.p., (concorso formale e continuazione) il p.m. modifica l’imputazione e la contesta all’imputato presente o, in caso di assenza, al difensore che rappresenta l’imputato. Il momento della contestazione all’imputato presente, integra la formale conoscenza dell’imputazione. Ma quid iuris, invece se l’imputato non è presente? L’articolo 423 prevede che la modifica dell’imputazione è comunicata al difensore che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione. Basta questo adempimento per considerare formalmente informato l’imputato? Probabilmente no. Specialmente dopo l’entrata in vigore delle modifiche dell’art. 111 della Costituzione, che hanno delineato il giusto processo. Infatti, stride con l’effettività della difesa e del contraddittorio la norma prevista nell’art 423, I comma c.p.p., a meno che questa, per evitare vizi di costituzionalità, non si interpreti nel senso di ritenere applicabile anche all’udienza preliminare l’art. 520 c.p.p., che fra poco analizzeremo. Qualora, invece, si consideri valida la contestazione al difensore, tale validità , per il carattere di eccezionalità che la contraddistingue, non può essere estesa in ambiti extraprocessuali. In altri termini, nella prospettiva che qui interessa, il contribuente sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti, con le modalità dell’art. 423 c.p.p., sia stato contestato un reato che esclude la possibilità di accedere ad una delle definizioni agevolate previste dalla finanziaria 2003, nel corso dell’udienza preliminare alla quale non abbia partecipato, non può ritenersi che abbia formale conoscenza dell’avvenuto esercizio dell’azione penale.
Nel corso dell’udienza preliminare è prevista un’altra modalità di esercizio dell’azione penale. Con il consenso dell’imputato, il giudice autorizza la contestazione di un fatto nuovo , non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio. Ovviamente in questo caso non si pone alcun problema di informazione dell’imputato, visto che questi deve essere presente in udienza per poter prestare il consenso alla contestazione del fatto nuovo.
2.7.esercizio dell’azione penale nel dibattimento
L’esercizio dell’azione penale nel corso del dibattimento avviene con modalità simili a quelle previste per l’udienza preliminare; tuttavia i diritti dell’imputato assente o contumace sono maggiormente garantiti. Infatti, l’articolo 520 c.p.p. prevede che quando si procede a contestare all’imputato un fatto diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio (art. 516 c.p.p.) ovvero un reato connesso a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera b del c.p.p., (concorso formale e continuazione) (art.517 c.p.p.) il pubblico ministero chiede al presidente che la contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all’imputato. Dalla notifica del predetto verbale l’imputato ha formale conoscenza dell’esercizio dell’azione penale.
3. CAUSE PENALI CHE ESCLUDONO L’ACCESSO AI CONDONI
3.1.Esercizio dell’azione penale nei confronti dell’amministratore di società.
La prima questione da affrontare è relativa alla possibilità per le società di accedere ai condoni, qualora nei confronti dell’amministratore sia stata esercitata l’azione penale per uno dei reati che precludono l’accesso agli istituti premiali. Si tratta ovviamente di questione di non poco momento, considerata la diffusione dello strumento societario nel tessuto economico nazionale.
Il problema sorge perché, per dirla con un vecchio brocardo, societas delinquere non potest. Quindi la capacità penale, la capacità cioè di commettere reati è esclusiva della persona fisica. Anche quando si è voluto attribuire una qualche responsabilità alla società, per i reati commessi nel suo interesse da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente, si è parlato di responsabilità amministrativa ( d. lgs. 231/2001).
L’intenzione del legislatore, quale traspare dalla trama normativa in materia di condoni ordita con la finanziaria 2003, è verosimilmente di riservare lo stesso trattamento sia alle persone fisiche che alle società. Se così non fosse non si comprenderebbe come mai, tra i reati che precludono l’accesso ad alcuni degli istituti premiali figurano quelli previsti dagli articoli 2621, 2622 e 2623 c.c., reati che, almeno i primi due, possono essere consumati solo da persone fisiche che rivestono particolari qualifiche nell’ambito delle società.
Detto questo però, va osservato che la legge, una volta varata, vive nell’ordinamento giuridico indipendentemente dalle originarie intenzioni del legislatore, e la sua interpretazione deve essere rispettosa dei principi propri del ramo del diritto nel quale si inserisce.
Peraltro, l’estensione della responsabilità penale a soggetti o enti diversi dall’autore del reato contrasterebbe con l’articolo 27 della Costituzione, che sancisce appunto il principio della personalità di tale responsabilità.
Ma alle questioni di principio si aggiunge anche l’impossibilità tecnica di coinvolgere la società nella responsabilità dell’amministratore. Infatti, come già anticipato, la preclusione ai “concordati” si perfeziona con la formale notifica al contribuente dell’avvenuto esercizio dell’azione penale. Ora, preso atto dell’impossibilità che la società sia destinataria di tale notifica nella qualità d’imputato, rimane solo l’eventualità che riceva notizia come persona offesa dal reato (art. 419, I comma c.p.p.). Ma, in tale ultimo caso sarebbe iniquo impedire alla società, che pure è stata danneggiata dal reato commesso dall’amministratore, di accedere alla sanatoria.
Forse l’unica soluzione giuridicamente praticabile è quella di sterilizzare il profilo penale dei condoni nei riguardi delle società. Cioè a dire: da un lato considerare inoperante nei confronti di esse la causa di esclusione derivante dall’esercizio dell’azione penale nei confronti di uno o più amministratori; dall’altro ritenere esclusa la non punibilità conseguente alla definizione agevolata, nei riguardi degli amministratori.
Un discorso in parte diverso va fatto per il concordato previsto dall’articolo 7. La non applicabilità della preclusione penale per le società in questo caso appare pacifica. L’istituto, infatti, è riservato ai soggetti titolari di reddito d’impresa, agli esercenti arti e professioni, nonché ai soggetti di cui all’articolo 5 del dpr 917. Ora, è evidente che l’amministratore di società non è mai titolare del reddito prodotto dalla società. Analoghe considerazioni valgono per i redditi prodotti informa associata, di cui all’art 5 dpr 917, che vengono imputati ai soci per trasparenza.
3.2. Mancata inclusione tra i reati che precludono l’accesso ai condoni degli illeciti previsti dalla legge 516/82.
La legge preclude l’acceso ai condoni quando vi sia stato esercizio dell’azione penale per i reati previsti dal d.lgs. nr. 74/00, oltre che per alcuni reati extratributari. Considerato che il predetto decreto legislativo, in vigore dal 30.04.2002, ha espressamente abrogato il titolo I della legge 516/82, che disciplinava i vecchi reati tributari, quid juris nel caso di esercizio del’azione penale per uno dei reati previsto dalla vecchia 516? La circolare 12/E dell’Agenzia delle entrate ha risolto interpretativamente la questione, ritenendo rilevanti quelle figure di reato della legge 516 per cui la corte di cassazione ha ritenuto esistere continuità normativa con i reati previsti dal d lgs 74/00. Si tratta delle seguenti figure:
1. art. 4 comma 1, lett d (emissione di fatture per operazioni inesistenti) in continuità con il delitto previsto dall’art. 8 d. lgs. 74/00;
2. art. 4 comma 1, lett. f., in continuità con il delitto previsto dall’art. 2 o 3 d. lgs. 74/00;
3. art. 4 comma 1, lett. b, in continuità con il delitto previsto dall’art. 10 d.lgs 74/00.
La soluzione interpretativa proposta è da condividere, anche se la formulazione legislativa si presta a qualche rilievo. In particolare, non ci si spiega perché il legislatore non ha incluso espressamente i reati della 516/82. E’ stata una svista alla quale sopperire in via interpretativa o si è trattato di una scelta precisa? A dire il vero qualche elemento a favore della seconda ipotesi è rinvenibile nell’ordinamento. Infatti, nella prima edizione dello scudo fiscale – d.l. 25.09.01, nr. 350, convertito dalla legge 23.11.2001, nr. 40 – è stata prevista esplicitamente l’esclusione della punibilità per alcuni dei reati previsti dalla legge 516/82. In ogni caso sarebbe stato meglio, per scongiurare l’eventualità di interpretazioni difformi, prevedere esplicitamente il trattamento da riservare ai reati della legge 516/82, sopravvissuti all’intervento legislativo del 2000.
3.3.Momento in cui deve intervenire l’esercizio dell’azione penale
L’esercizio dell’azione penale esclude l’accesso agli istituti premiali, se notificato al contribuente:
1. per il concordato previsto dall’art. 7: prima che la definizione automatica si perfezioni, con il versamento delle somme dovute. Tale versamento deve avvenire entro il 20 giugno 2003 ovvero, per le persone fisiche titolari di redditi prodotti in forma associata, che abbiano avuto comunicazione dalla società che a sua volta ha definito, entro il 16 settembre 2003;
2. per l’integrazione degli imponibili per gli anni pregressi prevista dall’art. 8: prima che la dichiarazione venga presentata. Tale dichiarazione deve essere presentata entro il 16 aprile 2003 ovvero, per le persone fisiche titolari di redditi prodotti in forma associata, che abbiano avuto comunicazione dalla società che a sua volta ha definito, entro il 16 settembre 2003;
3. per la definizione automatica per gli anni pregressi prevista dall’art. 9: prima che la dichiarazione venga presentata. Tale dichiarazione deve essere presentata, con contestuale versamento delle somme dovute, entro il 16 aprile 2003;
4. per la definizione delle liti potenziali prevista dall’art. 15: prima del pagamento delle somme dovute. Tale pagamento deve avvenire entro il 16 aprile 2003.
4. EFFETTI
4.1.Estensibilità concorrente nel reato della causa di esclusione della punibilità
Le disposizioni premiali della legge 289/02 hanno introdotto, sotto il profilo penalistico, delle cause speciali di esclusione della punibilità. Sia detto per inciso, il legislatore ha evitato di parlare di estinzione del reato per prevenire eventuali accuse di volere una sorta di amnistia mascherata. Il concorrente nel reato che non accede ai condoni benefici degli effetti estintivi? La sua condotta rimane penalmente rilevante, oppure l’avvenuta definizione da parte del correo fa venir meno anche nei suoi confronti la punibilità? Anche se il condono rappresenta una causa soggettiva di esclusione della punibilità, è preferibile accedere alla seconda ipotesi. A tal proposito è utile rammentare che la Corte Costituzionale, a proposito del condono previsto dal d.p.r. 20 gennaio 1992, nr. 23, con sentenza nr. 19 del 1995 decise per l’estensione dell’amnistia ai concorrenti nel reato. In tale sentenza la Corte ribadiva il canone secondo cui tra le diverse letture possibili di una norma deve privilegiarsi quella costituzionalmente compatibile. Ora, è vero che il condono è un atto del contribuente che lascia integro il giudizio di disvalore sul fatto reato. Ma è anche vero che con l’avvenuta definizione del rapporto tributario il vulnus prodotto alla pretesa dell’erario può dirsi oggettivamente sanato e ragioni di equità suggeriscono di estendere il beneficio della non punibilità anche al concorrente estraneo il quale, anche volendo, non potrebbe accedere autonomamente al condono.
4.1 Concordato (art.7)
La definizione automatica inibisce, a decorrere dalla data del primo versamento e con riferimento a qualsiasi organo inquirente, limitatamente all’attività d’impresa e di lavoro autonomo, i poteri ispettivi di cui al d.p.r. 600/73 e 633/72. Sono però fatte salve le disposizioni del codice penale e di procedura penale.(comma 11) Il comma 12 prevede, poi, che la definizione non rileva ai fini penali. Qual è il significato di questa clausola di salvaguardia? Bisogna anzitutto considerare che il concordato non ha come effetto l’esclusione della punibilità per i reati e che la definizione stessa non può essere considerata come notizia di reato. Conseguentemente il pubblico ministero e la polizia giudiziaria possono comunque indagare, nonostante l’avvenuta definizione, ma tale attività deve prescindere dalle informazioni emergenti dalla definizione automatica. Il perfezionamento del concordato può costituire titolo per beneficiare della circostanza attenuante ad effetti speciali prevista dall’art. 13 d. lgs. Nr. 74/2000. Tuttavia, tale beneficio non può essere ammesso se non venga adempiuto l’onere previsto dal predetto articolo 13, di pagare integralmente il debito tributario, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. Ciò comporta che la rateazione del debito, pure ammessa dal concordato al superamento di determinate soglie di valore, non può essere utilizzata nel caso si voglia beneficiare della circostanza attenuante in argomento.
Anche se non espressamente prevista, è da ritenere che anche in relazione alla definizione regolata da questo articolo, vale la regola del comma 12 dell’art. 8, secondo cui la conoscenza del contenuto della definizione non genera obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p.. Tale regola può considerarsi compresa nell’irrilevanza penale della definizione, Un’ultima notazione riguarda il riferimento alle disposizioni del codice penale, la cui previsione non trova giustificazione, atteso che in quel codice non sono previste norme di procedura.
4.2. Integrativa semplice (art.8)
L’integrativa semplice comporta, nei limiti del doppio dei maggiori imponibili o della maggiore imposta risultanti dalla dichiarazione integrativa, l’esclusione della punibilità per i reati previsti dal d.lgs. nr. 74/2000, tranne quelli previsti dagli articoli. 8 e 11 (emissione di fatture o altri documenti per fatture inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte), nonché per i reati previsti dal codice civile e dal codice penale specificamente elencati, quando questi ultimi siano commessi per eseguire o occultare i reati tributari ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa situazione o pendenza tributaria. Per i redditi prodotti all’estero non opera l’aumento della franchigia del 100% e l’esclusione della punibilità opera a condizione che, trattandosi di redditi d’impresa, si provveda alla regolarizzazione contabile prevista dall’art. 14, comma 4.
Ai sensi del comma 12 l’integrazione non costituisce notizia di reato e la conoscenza dell’integrazione da parte del pubblico ufficiale non genera obbligo o facoltà di denuncia di cui all’articolo 331 c.p.p. Il riferimento alla facoltà di denuncia è palesemente erroneo, in quanto il p.u. ha obbligo e non facoltà di denuncia.
4.3. Condono tombale (art.9)
L’esclusione della punibilità prevista dall’art. 9 non è soggetta ai limiti quantitativi presenti invece nell’istituto disciplinato dall’art. 8. Va evidenziato che non possono essere oggetto di definizione automatica i redditi soggetti a tassazione separata e i redditi prodotti all’estero Per i redditi d’impresa anche prodotti all’estero, limitatamente ai reati previsti dal codice civile e dal codice penale, l’esclusione opera a condizione che si proceda alla regolarizzazione contabile prevista dall’art.14, comma 5.
4.4. Chiusura liti potenziali (art. 15)
Questo istituto, in relazione ai profili penali, presenta delle peculiarità, anzi delle stranezze, di cui è difficile cogliere la ratio. Infatti, come causa preclusiva penale contempla solo i reati previsti dal d.lgs. nr. 74/2000, analogamente al concordato di cui all’art. 7. L’effetto estintivo della punibilità da un lato non riguarda tutti i reati previsti dal d.lgs 74, sono infatti esclusi i reati previsti dagli articoli 8 e 11; dall’altro è esteso a reati non previsti come causa di preclusione, cioè a dire articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 490, 491 bis 492 c.p. e 2621, 2622 e 623 c.c.
4.5. Chiusura liti pendenti (art. 16)
La procedura non ha effetti estintivi penali Tuttavia l’avvenuta definizione può integrare la circostanza attenuante ad effetto speciale prevista dall’art. 13 d. lgs. nr. 74/2000. Valgono quindi le stesse considerazioni svolte nel paragrafo 4.1 relativo al concordato.
- Filippo Bongiovanni - marzo 2003
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QUADRO SINOTTICO
TIPO DI DEFINIZIONE |
CAUSE PRECLUSIVE |
EFFETTI |
Definizione dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo (concordato) art. 7 legge 289/02 |
Esercizio azione penale entro la data di definizione automatica (versamento delle somme dovute 20.06.2003), per tutti i reati, previsti dal d.lgs 74/00; |
Nessun effetto estintivo dei reati. Sono inibiti i poteri istruttori amministrativi. E’ sempre possibile procedere con i poteri di p.g. |
Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi (integrativa semplice) art. 8 legge 289/02 |
Esercizio azione penale per i seguenti reati, entro la data di presentazione della dichiarazione: art.2, 3, 4, 5, 10 d.lgs. 74/00; art. 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 bis, 492, c.p.; artt. 2621, 2622, 2623 c.c. |
Esclusione della punibilità per tutti i reati previsti come causa di preclusione, nei limiti del doppio dei maggiori imponibili o imposta dichiarati Specificazione che la dichiarazione integrativa non costituisce notizia di reato e che quindi non obbliga il pubblico ufficiale a sporgere denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. |
Definizione automatica per gli anni pregressi (condono tombale) art. 9 legge 289/02 |
Esercizio azione penale per i seguenti reati, entro la data di presentazione della dichiarazione: art.2, 3, 4, 5, 10 d.lgs. 74/00; art. 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 bis, 492, c.p.; artt. 2621, 2622, 2623 c.c. |
Esclusione della punibilità per tutti i reati previsti come causa di preclusione. |
Definizione accertamenti inviti al contraddittorio e dei P.V.C. (chiusura delle liti potenziali) art. 15 legge 289/02 |
Esercizio azione penale entro la data di perfezionamento della definizione per tutti i reati, previsti dal d.lgs 74/00; |
Esclusione della punibilità per tutti i reati previsti dagli art.2, 3, 4, 5, 10 d.lgs. 74/00; art. 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 bis, 492, c.p.; artt. 2621, 2622, 2623 c.c., |
Chiusura delle liti fiscali pendenti – art. 16 legge 289 /02 |
Non sono previste cause penali preclusive |
Nessun effetto estintivo penale. Può valere come circostanza attenuante ai sensi dell’art. 13 d.lgs. 74/00 |