Renato Amoroso, Legittimitą o meno del rifiuto a sottoporsi all'accertamento dello stato di ebbrezza, in relazione al reato di cui al sesto comma dell'art. 186 Codice della Strada
La norma di cui al sesto comma dell'art.
186 Codice della Strada ha previsto una condotta distinta e separata da quella
prevista dal comma secondo; le ipotesi contravvenzionali sono diverse e fra
di esse sussiste concorso materiale (vedi Cassaz. Penale 8 maggio 1997 n. 6355).
La prova dello stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcooliche
può essere fornita anche attraverso elementi di giudizio diverso dall'etilometro,
purché rilevati direttamente dal pubblico ufficiale operante e che costituiscano
un insieme coerente ed univoco (Cassaz. 9 maggio 2002 n. 6639; Cassaz. 30 luglio
2001 n. 30045). Il test strumentale, quindi, non è una prova obbligatoria,
poiché gli organi di polizia hanno la facoltà e non l'obbligo
di effettuare l'accertamento secondo le modalità prescritte dall'art.
379 del regolamento del Codice della Strada (Cassaz. 30 giugno 1997 n.5832).
Nel caso in cui gli operanti ritengano di richiedere all'agente di sottoporsi
al test, essi hanno l'obbligo di procedere con lo strumento previsto dalla legge.
Si pone il quesito della legittimità del rifiuto a sottoporsi all'accertamento
allorché venga proposto il trasferimento presso una struttura sanitaria
per l'accertamento ematico.
Una prima riflessione permette di rilevare che la norma di cui all'art. 379
del regolamento non prevede detta modalità di accertamento che, per tale
motivo, dovrebbe già di per sé essere ritenuta non conforme alla
legge.
La Corte costituzionale si è pronunciata nel senso della legittimità
costituzionale del limite posto agli organi di Polizia in ordine alla possibilità
di effettuare il prelievo ematico, nel caso previsto dall'art. 186 (Corte cost.
19 novembre 2002 n. 461). Con sentenza 25 luglio 2001 n. 306 la Corte aveva
chiarito che la diversa disciplina adottata nel caso dell'art. 187 si giustifica
con l'attuale stato delle conoscenze tecnico scientifiche che non permettono,
nel caso di guida sotto l'effetto dei stupefacenti, l'accertamento tramite strumentazione
analoga a quella dell'etilometro.
Alcune pronunce già intervenute (Tribunale di Sondrio 29 gennaio 2001,
Giudice di Pace di Oderzo 21 novembre 2000, Tribunale di Busto Arsizio 21 aprile
2000, Pretura di Monza 6 maggio 1999) hanno posto in rilievo il possibile contrasto
con i diritti costituzionali della persona, ritenendo quindi legittimo il rifiuto,
a determinate condizioni.
Si può osservare che il principio costituzionale contenuto nell'art.
32 Cost. prevede la volontarietà di qualunque trattamento sanitario:
la necessità del consenso del soggetto si pone in netto contrasto con
l'ipotesi della possibile costrizione al prelievo ematico, diretto all'accertamento
dello stato di ebbrezza alcoolica allorché, sia per espressa previsione
normativa di cui all'art. 379 del regolamento, sia per la disponibilità
di strumenti di accertamento non invasivi, sia possibile procedere all'accertamento
attraverso metodiche diverse. In altre parole, sotto il profilo costituzionale
non si giustifica l'ipotetica obbligatorietà del controllo ematico ai
fini dell'accertamento della contravvenzione prevista e punita dall'art. 186.
Ma vi è di più.
Il rifiuto a sottoporsi a controllo ematico (ai soli fini di cui all'art. 186)
si configura come l'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito alla
persona; non si tratta di discutere quali operazioni possano rientrare nel concetto
di "trattamento sanitario", quanto di riflettere sulle operazioni
di invasione della persona umana nella sua integrità e di possibile offesa
alla sua dignità. Si concretizza, quindi, l'ipotesi che il rifiuto a
sottoporsi a prelievo ematico, per l'accertamento dello stato di ebbrezza per
uso di sostanze alcooliche, possa essere espressione dell'esercizio di un diritto
costituzionale del soggetto a non essere sottoposto a trattamento sanitario
invasivo della sua persona.
L'esimente prevista dall'art. 51 C.P., in tal caso, ove ritenuta sussistente
dal Giudice in rapporto al caso concreto ed agli elementi sottoposti al suo
giudizio, conduce all'assoluzione dell'imputato, in forza del dettato del terzo
comma dell'art. 530 c.p.p.
- Renato Amoroso - Giudice di Pace in Monza - giugno 2003
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