Antonio Genovese, Art. 369-bis c.p.p.: problemi interpretativi

La Legge 6 marzo 2001 n. 60 (recante "Disposizioni in materia di difesa d'ufficio") ha introdotto nel titolo V del Libro V del codice di rito, riguardante l'attività del Pubblico Ministero, l'art. 369 bis c.p.p., avente ad oggetto l'"Informazione della persona sottoposta alle indagini sul diritto di difesa".

Il primo comma stabilisce che "Al compimento del primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere e, comunque, prima dell'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi del combinato disposto degli artt. 375 comma 3, e 416, il pubblico Ministero a pena di nullità degli atti successivi, notifica alla persona sottoposta alle indagini la comunicazione della nomina del difensore d'ufficio". Il secondo elenca i requisiti che la comunicazione deve contenere.

La norma, a parere dello scrivente di estrema garanzia, solleva una serie di dubbi interpretativi.

Innanzitutto ci si chiede se l'obbligo di notifica della comunicazione ex art. 369 bis c.p.p. sussista solo in caso di attività posta in essere dal P.M. ed afferente ai c.d. atti di indagine garantiti, ovvero anche in ipotesi di vera e propria attività giurisdizionale qual è quella espletata nel corso del giudizio di convalida o nel corso dell'interrogatorio ex art. 294 c.p.p.

Secondo una prima tesi, a sostegno della quale militano la collocazione sistematica della norma  (inserita nel titolo che disciplina l'attività del P.M. durante la fase delle indagini) ed il riferimento testuale al Pubblico Ministero, l'avviso di cui all'art. 369 bis c.p.p. dovrebbe precedere soltanto gli atti garantiti che il P.M. deve compiere, e non anche quelli che compie il Giudice (cfr Tribunale di Bologna - Sezione del riesame - ordinanza  28/11/01, Zogaj).

A tale tesi si contrappone una seconda linea interpretativa, secondo la quale, fermo restando in capo al Pubblico Ministero l’obbligo di notifica della comunicazione della nomina del difensore d’ufficio, l’ambito di applicazione della norma in questione si estenderebbe anche agli atti “garantiti” posti in essere dall’Autorità Giudiziaria e dalla Polizia Giudiziaria e non soltanto a quelli compiuti dal P.M.. Invero è ragionevole ritenere che il legislatore, riferendosi semplicemente al “primo atto garantito” senza fornire ulteriori specificazioni, abbia inteso con tale locuzione anche tutti quegli atti compiuti dalla P.G. o dalla A.G. ai quali il difensore ha il diritto di assistere (GIP presso il Tribunale di Torino, ordinanza 5/7/01, Aliaj; Tribunale di Torino - Sezione del riesame - ordinanza 10/11/01, Kurti; Tribunale di Ancona - Sezione del riesame - ordinanza 9/4/02, Mimani).

A parere di chi scrive la seconda delle due tesi, non soltanto è del tutto aderente alla lettera della legge, ma consente di salvaguardare la costituzionalità della norma.

Invero, la diversa tesi restrittiva, che limita l’ambito di applicazione della norma de qua agli atti garantiti posti in essere dal P.M., non dà conto della differente disciplina a cui sarebbero soggette situazioni processuali del tutto analoghe a seconda che  tali atti siano stati compiuti dal P.M., dalla P.G. o dal Giudice.

Una tale esegesi dell’art. 369 bis c.p.p. sarebbe in aperto contrasto con l’art. 3 della Costituzione per violazione del principio di uguaglianza e finirebbe nei fatti col vanificare la ratio della norma, che è indubbiamente quella di rendere tempestivamente edotto l’indagato dei diritti di difesa riconosciutigli dall’ordinamento.

Il rispetto del principio costituzionale conduce inoltre a ritenere che la disposizione in questione sia riferibile anche agli atti c.d. "a sorpresa" (atti cui il difensore ha diritto di assistere, ma senza preventivo avviso: perquisizione e sequestro ex art. 365 c.p.p.). In questi casi la comunicazione di cui all’art. 369 bis c.p.p dovrà essere notificata anche contestualmente al compimento delle operazioni da effettuare (In tal senso Agostino Cordova - Armando D'Alterio, L'obbligo (oneroso) di comunicare facoltà e diritti con l'atto garantito, in Diritto e Giustizia numero 16, 28/4/01, pagg. 49 ss.)

La linea interpretativa a cui lo scrivente aderisce, mantenendo comunque in capo al P.M. l’obbligo di notifica della comunicazione del difensore d’ufficio, assicura inoltre il rispetto del principio di tassatività delle nullità di cui all’art. 177 c.p.p.

Altro problema ermeneutico di estremo rilievo pratico è quello di stabilire se la nullità prevista dall’art. 369 bis c.p.p. consegua unicamente alla pura e semplice omissione della notifica della comunicazione del difensore d’ufficio ovvero anche alla mancanza di taluno dei requisiti che tale comunicazione deve contenere ai sensi del  2° comma della citata disposizione.

La prima delle possibilità interpretative troverebbe conforto nella tecnica di formulazione della norma adottata dal legislatore, il quale in altre occasioni (per es. all’art. 292 c.p.p.: “L’ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità, ...)  ha ricondotto in modo chiaro ed espresso la nullità di un atto processuale all’assenza degli elementi che lo caratterizzano.

Questa tesi avrebbe il pregio di essere più aderente al principio di tassatività delle nullità (principio che impone al legislatore di specificare chiaramente i casi che comportano nullità) e nel contempo di evitare che una nullità di tale estensione (nullità non solo dell'atto garantito, ma di tutti gli atti successivi del procedimento - quindi di tutti indistintamente gli atti procedimentali cronologicamente successivi - l'effetto invalidante è più ampio rispetto  all'invalidità derivata prevista in via generale, ex art. 185 c.p.p., che incide solo sugli atti consecutivi e dipendenti da quello nullo) possa derivare dalla mancata indicazione di una delle tante facoltà o diritti attribuiti all'indagato (indicazione che genericamente impone la lett. a) della norma in commento (In tal senso Massimo Mannucci, Alcune considerazioni sul nuovo art. 369 bis c.p.p, in www.penale.it; Agostino Cordova - Armando D'Alterio, L'obbligo (oneroso) di comunicare facoltà e diritti con l'atto garantito, cit.)

Per contro, l’esegesi alternativa trova la sua ragion d’essere nella stretta correlazione tra il 1° ed il 2° comma dell’art. 369 bis c.p.p., per cui sarebbe logico ritenere che il legislatore, per mere esigenze di semplificazione, abbia indicato al 1° comma l’atto la cui omissione determina la nullità, per poi elencare in modo dettagliato il contenuto di tale atto nel 2° comma. Tale ultima tesi appare più consona alla ratio della disposizione che, lo si ripete, è quella di garantire, a pena di nullità, la completa conoscenza da parte dell’indagato della obbligatorietà di una difesa tecnica nonché delle facoltà diritti e doveri che la legge connette al suo esercizio (così Tribunale di Torino - Sezione del riesame - cit).

Inoltre vi sono alcuni requisiti dell'avviso quale ad esempio quelli di cui alle lett. b) e c), strettamente inerenti alla nomina del difensore d'ufficio, la cui assenza vanificherebbe completamente l’utilità della notifica della comunicazione di cui si tratta. Sembrerebbe quindi del tutto incoerente colpire con la nullità la mancata comunicazione della nomina del difensore d'ufficio, e non anche l'omessa indicazione del nominativo e del recapito dello stesso (lett. b) o della facoltà di poter sempre nominare un difensore di fiducia (lett.c).

Una ulteriore delicata questione concerne il tipo di nullità prevista dall’art. 369 bis c.p.p. ed il regime di deducibilità e sanatoria applicabile.

Non avendo il legislatore indicato espressamente la tipologia della nullità de qua, pare indispensabile riferirsi alle norme che individuano in termini generali le ipotesi di nullità assolute (art. 179 c.p.p.), a regime intermedio (art. 180 c.p.p.) e relative (art. 181 c.p.p.).

Non par dubbio che la nullità di cui trattasi sia una nullità incidente sul diritto di difesa dell'indagato e dunque una nullità inquadrabile in quella che attiene all'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato (art. 178 lett. c)  c.p.p.).

Ragionando per esclusione si deve anzitutto dedurre che il vizio de quo non rientra nelle nullità assolute derivanti dalla omessa citazione dell’imputato o dall’assenza del suo difensore  nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza. Invero, l’omessa notifica di cui all’art. 369 bis c.p.p. è cosa ben diversa dall’assenza del difensore in tutti quei casi in cui la legge ne prescrive l’obbligatorietà.

Da ciò si deduce che la nullità in questione altro non può essere se non una nullità a regime intermedio disciplinata dagli artt. 180 e 182 c.p.p.

Sotto il profilo della deducibilità pare opportuno precisare che la sanatoria anticipata prevista dall'art. 182 co. 2 c.p.p., operante nel caso in cui la parte sia presente al compimento dell'atto, trova applicazione solo nel caso in cui la nullità sia dedotta su eccezione di parte e non anche in caso di rilevabilità d'ufficio della stessa.

Infatti dal combinato disposto degli artt. 180 e 182 c.p.p. emerge senza alcun dubbio che il breve termine decadenziale di cui all'art. 182 co. 2 (eccezione della nullità dell'atto prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo) non trova applicazione nel caso in cui la nullità di cui si tratta sia rilevata d'ufficio dal Giudice. In quest'ultima ipotesi la sanatoria opera soltanto se la nullità viene rilevata dopo la deliberazione della sentenza di primo grado ex art. 180 c.p.p..

Infatti dottrina e giurisprudenza (Cfr, Cass. sez. II, 21/01/1992, ric. Memoli, in Cass. pen., 1993, 2056) concordano sul fatto che la rilevabilità delle nullità a regime intermedio non è influenzata dall'operatività dei limiti di deducibilità fissati dall'art. 182 c.p.p., nel senso che il Giudice può rilevare la nullità intermedia anche se, per il verificarsi di taluna delle situazioni di cui all'art. 182, alla parte sia precluso eccepirla (in tal senso Paola Bosio, nota a sentenza Corte d'Appello Venezia, III Sez, 16/3/1999, Pres. Dodero ).

I problemi applicativi che qui sono stati tratteggiati, nascenti da casi pratici posti all’attenzione delle difese, non sono di poco conto se solo si considera la rilevanza dell’effetto invalidante che consegue ad una scorretta applicazione dell’art. 369 bis c.p.p.

Si tratta in realtà di una disposizione complessa il cui ambito di applicazione troverà confini e maggior chiarezza con l’ausilio della Corte Suprema di Cassazione, la quale, finora, si è pronunciata sull’istituto in una sola occasione per escludere la necessità dell’informazione "ove esista già in atti la nomina di un difensore di fiducia anche in un procedimento riunito a quello nel quale detta nomina sia stata effettuata". (Cfr. Cass., sez. III, 7/12/2001, ric. Zadra, in Diritto penale e processo, n. 2/2002 pag. 203).

Certamente da parte delle Procure si prospettano nuovi e pesanti oneri, soprattutto alla luce della lett. a) della disposizione che impone al P.M. di indicare anche le “facoltà” ed i “diritti” attribuiti dalla legge alla persona sottoposta alle indagini. Tale indicazione, che a parere di chi scrive si riferisce alle prerogative riconducibili all’indagato nell’ambito dell’intero procedimento penale e non solo a quelle riguardanti l’atto da compiere in concreto,  pare del tutto congruente con la finalità stessa della disposizione di cui trattasi. A tale proposito non si condivide  la preoccupazione, manifestata da taluno con ironia, di dover addirittura allegare alla comunicazione ex art. 369 bis c.p.p. copia del codice di rito... “magari in edizione economica”.

Invero, l’art. 369 bis del codice di procedura penale merita una puntuale applicazione proprio perché il procedimento penale coinvolge un bene di primaria importanza: la libertà personale.

- avv. Antonio Genovese (Torino) - maggio 2002

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