Paola Parigi, Uno sguardo all'Europa in tema di violenza alle donne e ai bambini (*)
Secondo la stima del British
Crime Survey, almeno un terzo dei reati contro la persona in Inghilterra, avviene
dentro le mura domestiche.
Circa il 50% delle donne che restano vittime di omicidio sono state uccise dal
proprio partner o ex-partner; 1 donna su 5 ha subito, nel corso della propria
vita, almeno un episodio di maltrattamento domestico.
Questi dati si riferiscono, naturalmente, ai crimini denunciati, ma pare rappresentino
la punta di un iceberg, pare cioè che siano denunciate 2 solo aggressioni
sul totale di 10 realmente perpetrate.
La violenza domestica, per sua natura, è un fenomeno che viene prevalentemente
tenuto nascosto dalle stesse vittime. Spesso il maltrattatore viene perdonato
e la violenza addirittura negata agli estranei, anche davanti all'evidenza.
Si innescano meccanismi complessi nei quali vittima e carnefice (per mutuare
un topos dal linguaggio psicoanalitico), al momento dell'episodio hanno una
relazione intima, spesso di tipo co-dipendente, rispetto alla quale l'aggressione
costituisce il momento culminante di una escalation di tattiche di controllo
e soggezione attuata attraverso le più diverse strategie di abuso.
Nella mia relazione vorrei offrire una visione di insieme, facilitata dall'uso
di Internet, dei dati provenienti dalle maggiori organizzazioni Europee non
statali, costituite contro la violenza alle donne e gli abusi ai minori, con
l'intento di tracciare brevemente una comparazione tra le normative vigenti
e l'atteggiamento adottato davanti agli episodi di violenza, con particolare
riferimento agli interventi della polizia, al rapporto con la vittima di maltrattamenti
ed all'allontanamento del "perpetrator" o maltrattatore.
Prima di entarre nel vivo
della ricerca ed approfondire i dati relativi alle organizzazioni in favore
delle donne in Europa, merita un cenno l'esperienza statunitense in proposito.
Il primo Rape Crisis Center negli U.S.A. è stato costituito nel 1971,
ne esistono tutt'ora moltissimi, quasi uno per contea.
A rappresentazione di una realtà di presa di coscienza diffusa e di una
capillare attività volontaria e governativa, esistono negli USA migliaia
di organizzazioni, che offrono alle donne ed ai minori maltrattati la più
vasta ed esaustiva gamma di servizi, con particolare attenzione ed una sensibilità
sviluppata nei confronti delle minoranze razziali
1) Veniamo all'Europa:
Ho comparato tra loro i dati
forniti dalla WAVE network, la maggiore rete europea delle organizzazioni non
governative che lavorano per combattere la violenza contro le donne e i bambini.
I dati sono reperibili sul sito: www.wave-network.org.
La rete Wave è stata costituita nel 1994 dalla Commissione Europea all'interno
del progetto Daphne e comprende attualmente circa 1480 organizzazioni che lavorano
in questo campo.
Tra queste naturalmente figura anche "Linea Rosa" che ringrazio per
avere organizzato questo convegno e per avermi invitato.
Le principali finalità
di Wave Network sono la prevenzione e l'informazione nel campo specifico della
violenza fra congiunti.
L'ufficio di coordinamento è a Vienna e si occupa in particolare di:
· raccogliere e distribuire i dati sulle organizzazioni che lavorano
nel campo della violenza alle donne e ai bambini
· attuare un programma di prevenzione mediante campagne informative e
attività internazionali;
· organizzare eventi come la Wave Conference o gli incontri dello Steering
Group.
Gli obiettivi della rete Wave sono:
· raccogliere informazioni in relazione alla violenza dell'uomo sulla
donna e i bambini
· scambiare informazioni sulle organizzazioni femminili, ricerche, leggi
applicabili e strategie di prevenzione
· influenzare le politiche europee ed internazioniali sulla violenza
· stimolare azioni comuni e ulteriori analisi da parte delle donne
· promuovere analisi "femministe" sulla violenza alle donne
· sviluppare e promuovere criteri e linee guida a livello europeo in
relazione alla legge, ai servizi ed alle strategie di prevenzione
· offrire sostegno economico (finanziario, formativo, risorse)
· aumentare la consapevolezza e creare una maggiore comprensione della
violenza contro le donne
· rafforzare i contatti tra le differenti regioni d'Europa
· rafforzare i diritti delle donne emarginate
Per non dilungarmi ed offrire
comunque una panoramica che tenga in considerazione le tre aree dell'Europa
comunitaria che maggiormente caratterizzano le diverse mentalità ed il
diverso approccio culturale, ho diviso, idealmente l'Europa in tre parti:
1. paesi scandinavi
2. paesi anglosassoni
3. paesi mediterranei
Di ogni gruppo ho selezionato un paese rappresentativo.
Naturalmente mi astengo dal riportare i dati forniti sull'Italia dal momento
che meglio di me lo hanno fatto i relatori che mi hanno preceduto e quelli che
seguiranno.
paesi scandinavi: Svezia
paesi anglosassoni: Inghilterra
paesi mediterranei: Spagna
2) La Svezia
I dati più recenti
relativi alla Svezia sono forniti dal Rapporto governativo per il biennio 1997/1998.
Dal rapporto si apprende che il numero dei reati di aggressione "a sfondo
sessuale" nei confronti delle donne è aumentato del 56% nel periodo
1986-1996. Il numero totale dei crimini denunciati era di 18.560 nel 1996. Le
denunce per il 66% del totale ha riguardato maltrattamenti compiuti da persone
conosciute dalla vittima.
Questo tipo di aggressione denominata kvinnomisshandel cioè violenza
domestica, contro la moglie o fidanzata, è il più comune e molto
spesso non viene denunciato. Se si somma il totale delle aggressioni subite
dalle donne da parte di persona conosciuta e quello da parte di persone sconosciute,
il totale per lo stesso 1996 è di 14.677 aggressioni.
Vale la pena notare che la stessa somma riguardante le aggressioni subite da
uomini è di 10.726. Nel periodo di riferimento 1986-1996 c'è stato
un particolare innalzamento del numero degli stupri denunciati, che sono aumentati
dell'80%.
L'aumento riguarda quasi esclusivamente gli stupri commessi all'interno delle
mura domestiche.
Il National Council for Crime Prevention stima che l'aumento così evidente
degli abusi sessuali e delle aggressioni "indoor" sia dovuto anche
e soprattutto ad una minore indifferenza verso questo tipo di reati che ha incoraggiato
le vittime a sporgere denuncia nei confronti del congiunto aggressore.
Tuttavia le ricerche effettuate hanno dimostrato che il tipo di relazione intercorrente
tra la vittima e il maltrattatore è un deterrente molto potente per la
denuncia. Infatti i crimini commessi da sconosciuti ed in luoghi pubblici sono
molto più spesso denunciati che non quelli commessi in privato.
A fronte dell'aumento preoccupante dei dati riguardanti le aggressioni è
stato introdotto nel 1998 nel codice penale svedese una nuova fattispecie di
reato: la grave violazione dell'integrità femminile; così
recita il Codice Penale svedese:
"Se un uomo commette certi atti criminali (aggressione, minaccia, molestie
sessuali, sfruttamento sessuale ecc.) contro una donna con cui egli è
sposato o con la quale egli convive od ha convissuto, deve essere condannato
per il reato generico di grave violazione dell'integrità femminile, anzichè
per il singolo reato corrispondente all'atto criminoso."
Presupposto necessario per la condanna è che la violenza sia parte di
una comportamento ripetuto di violazione dell'integrità della donna e
che sia in grado di mettere seriamente a repentaglio la sua autostima.
La pena va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 6 anni.
Il riconoscimento della grave violazione dell'integrità femminile
può inoltre essere considerata dalle corti come una circostanza aggravante
se commessa insieme ad uno degli altri reati menzionati nell'ottica di tenere
in considerazione la situazione complessiva dell'abuso nei confronti della donna.
La sussistenza di questa fattispecie non esclude una autonoma condanna per aggressione
o stupro.
Oltre alla introduzione di questo nuovo titolo di reato, la Svezia ha inoltre:
aumentato lo spettro delle condotte ricomprese nella definizione di stupro,
che ora contiene anche condotte prima considerate solamente forme di coercizione
sessuale (come per esempio la pratica denominata fist-fucking).
reso punibile la reticenza nel fornire denuncia o informazione su gravi reati
sessuali.
aumentato la pena ed estesa la previsione per le cosiddette mutilazioni genitali.
Da una multa per la circoncisione, si passa ad una previsione di arresto e detenzione
per ogni tipo di mutilazione.
Una novità di non poco conto, in considerazione dell'impatto culturale
è l'introduzione graduale nel linguaggio utilizzato dal codice penale
per i reati a sfondo sessuale, di un genere neutro che non identifichi, nemmeno
surrettiziamente, il genere sessuale di appartenenza della vittima o del molestatore,
nell'ottica di adottare la massima estensione delle fattispecie ad ogni tipo
di abuso e violenza da chiunque e verso chiunque sia perpetrato.
2.1) Ruolo delle Forze dell'Ordine
A seguito della riforma del
Codice Penale svedese di cui ho parlato, introdotta il 1/7/1998, sono intervenuti
cambiamenti immediati anche nel ruolo ricoperto dalla Polizia, da sempre un
ruolo molto importante nella repressione di questi reati.
La cooperazione tra la polizia e i centri di accoglienza per donne maltrattate
è molto importante soprattutto nell'ottica di garantire a queste ultime
la massima considerazione e fiducia.
Per supportare la riforma alla Polizia sono stati destinati finanziamenti per
programmi di training e formazione nell'ottica di fornire priorità assoluta
nella lotta contro questa categoria di reati.
Una parte importante della formazione degli agenti è spesa nel fornire
loro le attitudini relazionali che consentono alla donna di avere fiducia nell'operato
della polizia, sia per favorirne la guarigione psicologica, sia per ottenere
la sua cooperazione nelle indagini e decisive testimonianze nel corso dei processi.
Il poliziotto è tenuto ad adottare comportamenti che inducono la maltrattata
a comprendere che è creduta e che la sua situazione è presa molto
seriamente.
3) Regno Unito
I dati più recenti
sono forniti dagli atti della Conferenza degli esperti dal titolo "Police
combating violence against women" tenutasi in Austria nel novembre-dicembre
1998 e dal Women's Aid Federation England report 1996-1997.
Secondo le statistiche qui riportate, oltre 100.000 donne hanno chiesto interventi
nel 1997 al Women's Aid; il 25% di loro ha denunciato aggressioni del coniuge.
Nel 1997 c'erano 240 rifugi in Inghilterra, cioè solo 1/3 di quelli che
avrebbero dovuto esserci secondo una raccomandazione del governo risalente al
1975.
Le fonti normative applicabili alla violenza domestica in Inghilterra sono:
· Violence against the Person Act 1981
· Family Law Act 1996
· Protection from Harassment Act 1997
· Crime and Disorder Act 1998
Una menzione speciale merita il DVIP Domestic Violence Intervention Project
al quale dedicherò un cenno oltre.
Dalla metà degli anni
'70 e soprattutto dalla fine degli anni 80 l'Inghilterra ha progressivamente
aumentato la propria attenzione alla violenza domestica, arrivando a punirla
come un crimine altrettanto grave di altri crimini violenti.
Nel 1991 lo stupro coniugale è stato riconosciuto come un reato a
tutti gli effetti.
Questo riconoscimento ha fatto sì che il numero delle denunce aumentasse,
tuttavia solo pochi dei casi denunziati hanno sin'ora avuto un seguito nelle
corti civili penali.
Ma la legge che più di tutte si è occupata della violenza all'interno
delle mura domestiche è il (Protection from) Harassment Act del 1997
che ha introdotto alcune sostanziali modifiche al sistema penale e civile (alcune
misure possono essere infatti adottate dalle corti civili):
un nuovo titolo di reato, la "minaccia (anche psicologica) continuata",
che punisce, fino a un massimo di 5 anni chi perseguiti una vittima con comportamenti
che inducano in lei paura di subire violenze.
un secondo nuovo titolo di reato che punisce il comportamento che induca la
paura di molestie, ivi compreso
il seguire ossessivamente la vittima.
Nuove misure cautelari adottabili dalle Criminal Courts che prevengano recidive
nei comportamenti dei molestatori.
Un'azione civile che consente alla vittima di chiedere ed ottenere un ordine
da parte della corte civile per inibire le molestie.
Quest'ultima forma di prevenzione può giungere all'allontanamento del
marito/convivente colpevole di abusi o violenze, dalla casa coniugale, delimitando
un'area off-limits attorno alla casa e riconoscendo alla moglie, di converso
un diritto di occupare la casa stessa.
La stessa polizia, nei casi più gravi è autorizzata a prelevare
ed a "sfrattare" il molestatore dalla casa e proibirne il rientro
per un certo periodo di tempo, proporzionale alla serietà delle aggressioni
di cui è accusato.
3.1) Ruolo delle Forze dell'Ordine
Quanto all'atteggiamento della
polizia va detto che i Capi dei singoli Distretti rispondono personalmente e
direttamente per le pratiche di polizia che devono ottemperare all'Home Office
Circular del 1990 sugli interventi nella violenza domestica.
Ogni forza di polizia ha unità speciali responsabili per la violenza
domestica.
Nel 1995 è nata una inter-agency per la cooperazione tra la polizia e
le organizzazioni di volontariato e non governative che si occupano di assistenza
alle vittime di molestie e maltrattamenti.
3.2) il D.V.I.P. Domestic Violence Intervention Project
Il DVIP è una organizzazione
volontaria ed indipendente con sede in Hammersmith che ha come obiettivo principale
quello di fermare la violenza e i suoi devastanti effetti sulle donne e i bambini
nella società inglese.
L'organizzazione dichiara di voler raggiungere questo primo obiettivo mediante
una combinazione di servizi forniti sia alla vittima che al colpevole, infatti
la sua opera è rivolta sia alla tutela delle vittime, che al trattamento
di reinserimento dei molestatori.
Il DVIP fornisce aiuti in denaro, consulti telefonici confidenziali, supporto
individuale e di gruppo, consulenza e informazione per donne che hanno subito
violenza in casa per aumentare la loro sicurezza e quella dei loro figli.
Il programma di Prevenzione della violenza (VPP) del Progetto offre accertamenti
individuali e programmi strutturati per gruppi, indirizzati agli uomini violenti
nelle relazioni intime, per aiutarli a cambiare il loro comportamente abusivo
e per controllare l'aggressività dominando le dinamiche del rapporto.
Il DVIP è aperto a ciascun uomo che comprenda di avere un comportamento
persecutorio e violento nelle relazioni con le donne.
Nel periodo 1996-1997 le donne aiutate sono state 453 con intervento individuale
e 83 con terapia di gruppo, mentre gli uomini che hanno richiesto un trattamento
al DVIP sono stati 163, trattati con intervento individuale e 148 con la terapia
di gruppo, molto spesso considerata più efficace.
4) Spagna
Secondo i dati forniti nel
1998 dalla Federacion de Asociaciones de Asistencia a Mujeres Violadas,
la Spagna ha una legislazione specifica per contrastare la violenza contro le
donne.
Anche dopo l'ultima novella del 1996, tuttavia, le organizzazioni segnalano
il residuo di molti gaps tra le leggi applicabili per l'effettiva protezione
delle donne maltrattate. Nei casi di abusi sessuali nei confronti di minori,
la esecuzione delle previsioni legislative esistenti, resta molto difficoltosa.
"Il primo problema è che le leggi non vengono correttamente applicate. Molti giudici e rappresentanti della pubblica accusa sono troppo indulgenti. Se gli operatori della giustizia fossero più sensibilizzati alla questione della violenza contro le donne e applicassero con maggior rigore le leggi, molte donne spagnole che sono morte per mano dei mariti violenti, sarebbero oggi ancora vive." Così scrive Florentina Alarcòn Hita nel 1998.
Funzionano in Spagna 119 rifugi
per donne maltrattate che offrono approssimativamente 20-25 posti ciascuno per
donne o bambini, il primo rifugio fu aperto nel 1984.
Secondo le statistiche, risalenti al 1997, 91 donne quell'anno furono uccise
dai loro mariti e di converso 23 mariti furono uccisi dalle loro mogli.
I casi di abuso sessuale da parte del partner furono nello stesso anno 17.583
di cui 3.364 con la produzione di lesioni gravissime.
Conclusioni
Il quadro emerso dalla mia
ricerca rafforza senza dubbio la preoccupazione per la portata del fenomeno
della violenza domestica e dimostra come, a differenza di quanto io stessa,
in tutta franchezza, mi aspettassi al momento di iniziare questa indagine, non
esistono differenze, se non marginali, tra i tre blocchi europei che ho definito
inizialmente come omogenei per atteggiamento culturale e sistema giuridico.
Stupisce, in effetti, scoprire che il fenomeno dello stupro e degli abusi abbia
pressochè la stessa portata in scandinavia come nel bacino del mediterraneo
ed oltremanica e che questi tristi fenomeni siano accomunati anche dalla medesima
difficoltà di denuncia da parte delle vittime, a dimostrazione che quello
che scatena sia l'episodio di violenza (che meglio sarebbe definire la sindrome
che porta all'episodio di violenza), e quello che impone alla vittima di non
perseguire, nella maggioranza dei casi, l'aggressore, sia proprio una sorta
di patologia della relazione comune a tutti gli uomini e le donne dei vari paesi,
in una forma trasversale, indipendente dalle tradizioni culturali e dai modelli
formativi.
Si può tranquillamente dire, senza tema di smentita che in tutta Europa
(e il discorso può essere esteso a tutto il mondo occidentale) il problema
della violenza sulle donne è un problema che poggia sulle difficoltà
di rapporto all'interno della coppia, difficoltà cui l'uomo, in molti
casi (i numeri che ho riportato ne danno la misura), reagisce o con la fuga
(e da qui il crescere esponenziale dei fenomeni di crisi della coppia con soluzioni
giudiziarie, più o meno civili) o con le botte (quando si ferma a questo).
L'approccio dissuasivo e terapeutico pertanto non potrà prescindere dalla
cura dell'uomo e della sua capacità relazionale, grandemente sminuita,
in questa fine millennio, da una evidente frattura creatasi con il mondo femminile,
più libero economicamente, più autocosciente e meno succube che
in passato.
Con palese evidenza risulta infatti chiaro che permangono grandi tra i paesi
d'Europa nella risposta dello Stato e delle istituzioni preposte, in particolare
della polizia, risposta che riflette in tutto le differenti impostazioni ed
il diverso grado di attenzione dell'apparato legiferativo e giudiziario rispetto
ad una piaga tanto diffusa. Molto più omogeneo sembra il quadro delle
organizzazioni di volontariato le quali, pur lottando con i noti e comuni problemi
di risorse e con le carenze strutturali, danno la misura di come le donne sappiano
e soprattutto vogliano continuare a lavorare per le donne.
Avv. Paola Parigi - marzo 2000
(riproduzione riservata)
(*) Relazione tenuta dall'avv. Paola Parigi di Ravenna al III Convegno di Linea Rosa il 4/3/2000 Ravenna - Sala D'Attorre. Per gentile concessione di Diritto & Diritti.