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Penale.it - Tribunale di Cagliari in composizione monocratica, Sez. I Pen., Ordinanza 23 febbraio 2006

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Tribunale di Cagliari in composizione monocratica, Sez. I Pen., Ordinanza 23 febbraio 2006
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Ancora sulla L.251/2005 (c.d. ex - Cirielli). La nuova disciplina sulla esecuzione (art. 656, comma 9°, lett. c, c.p.p.) non può essere applicata alle sentenze pronunciate prima dell'8 dicembre 2005 e messe in esecuzione dopo l'entrata in vigore della L. 251 del 2005.

TRIBUNALE DI CAGLIARI PRIMA SEZIONE PENALE Il giudice dell'esecuzione

· rilevato che, con richiesta depositata nella cancelleria di questo giudice il 15 febbraio 2006, la difesa di S., nato a Cagliari il ***, ha esposto quanto segue: · con sentenza del Tribunale di Cagliari, in composizione monocratica, del 25 novembre 2005, pronunciata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., è stata applicata a S. la pena di 6 mesi di reclusione e 800,00 euro di multa, per il reato di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo marijuana; · la sentenza è divenuta irrevocabile il 18 gennaio 2006 e S. deve ancora espiare la pena di 5 mesi e 19 giorni di reclusione e 800,00 euro di multa; · il 13 febbraio 2006 è stata data esecuzione all'ordine di carcerazione emesso il 10 febbraio 2006 dal pubblico ministero e S. è stato accompagnato in carcere; · il pubblico ministero non ha disposto la sospensione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 656 c.p.p., ritenendo evidentemente applicabile alla fattispecie 1'ipotesi preclusiva di cui al comma 9° lett. c) del medesimo articolo, introdotto dalla legge n. 251/2005, tenuto conto del richiamo, nell'ordine di esecuzione, alla contestazione della recidiva specifica e reiterata di cui all'art. 99 c.p.; · rilevato che, secondo le deduzioni difensive, posto che nella sentenza in oggetto il giudice aveva ritenuto la prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 73 comma 5° DPR 309/1990 sulla recidiva contestata, non troverebbe spazio la nuova e più rigorosa disciplina in materia di sospensione dell'esecuzione di cui all'art. 656 c.p.p., la quale preclude la sospensione dell'esecuzione nei confronti dei condannati cui sia stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99 comma 4° c.p., mentre nella specie l'applicazione della recidiva non sarebbe stata fatta dal giudice della cognizione, in quanto l'ha valutata soccombente rispetto all'attenuante speciale; · rilevato che, per altro verso, la stessa difesa ha sostenuto l'inapplicabilità della nuova normativa, in quanto entrata in vigore dopo la pronuncia della sentenza su cui oggi si dibatte; · rilevato che, sulla scorta degli argomenti esposti, la difesa di S. ha chiesto l'annullamento dell'ordine di esecuzione della pena e la conseguente sospensione dell'esecuzione della pena, con la correlativa immediata liberazione del condannato; · rilevato che il pubblico ministero si è rimesso alla decisione del giudice; · ritenuta la propria competenza ai sensi degli artt. 665 e ss. c.p.p. (sulla competenza del giudice dell'esecuzione in caso di mancata adozione dell'ordine di sospensione dell'esecuzione da parte del pubblico ministero si veda Cass. 23 marzo 1999, Kola); · ritenuto che la richiesta della difesa di S. debba essere accolta; · ritenuto che, una volta verificata positivamente la sovrapponibilità della recidiva contestata a S. nel procedimento chiusosi con la sentenza in oggetto con quella attualmente ridisegnata, dopo la novella del dicembre 2005, dall'art. 99 c.p. ed in particolare dal suo 4° comma (all'epoca del reato, infatti, gravavano su S. due precedenti per delitti non colposi della stessa indole di quello oggetto della decisione), il fatto che la recidiva in questione sia stata ritenuta soccombente, come detto, rispetto alla circostanza attenuante di cui all'art. 73 comma 5° DPR 309/1990, sta comunque a significare, secondo questo giudice, che la stessa recidiva è stata considerata nel giudizio di comparazione e quindi "applicata", donde 1'astratta applicabilità alla fattispecie in esame della norma preclusiva della sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'art. 656 comma 9° lett. c) c.p.p., · ritenuto per altro verso che, quanto alla norma ostativa appena richiamata, introdotta dalla legge 251/2005, entrata in vigore tra la pronuncia della sentenza ed il suo passaggio in giudicato, non debba avere applicazione nel caso di specie; · ritenuto che con la nuova disposizione preclusiva in oggetto (disciplinata dall'art. 656 comma 9° lett. c) c.p.p.) il legislatore abbia introdotto, oltre agli elementi specializzanti dell'art. 99 comma IV previgente, un quid novi, costituito, appunto, dall'effetto preclusivo della sospensione dell'esecuzione, che non era in alcun modo rilevabile nell'art. 99 antecedente all'ultima modifica, né in alcun'altra norma contemporanea; · ritenuto, di conseguenza, che se a carico del condannato a cui fosse stata "applicata" la recidiva reiterata, secondo la vecchia edizione, si applicasse l'effetto preclusivo che si è detto, graverebbe ingiustificatamente a carico dello stesso condannato un evento pregiudizievole che non era previsto da alcuna norma all'epoca del giudizio; · ritenuto che, nella fase della cognizione, 1'applicazione della recidiva di cui all'art. 99 comma 4° c.p. non discenda dalla mera presa d'atto di una reiterazione qualificata, ma consegua ad una valutazione del giudice che, sulla base di quel dato oggettivo, esplica tuttavia un giudizio discrezionale (che soltanto oggi, con il nuovo comma 5° dell'art. 99 c.p., trova un limite per i delitti di cui all'art. 407 comma 2° lett. a) c.p.p.), nel quale decide, dapprima, di non disapplicare la recidiva facoltativa, e poi di sottoporre la reiterazione qualificata ad un giudizio che prima riconosce in essa un indizio di pericolosità sociale significativo in ordine alle circostanze del caso concrete, e poi la sottopone ad un complessivo giudizio in ordine alla determinazione della pena; onde la pronuncia sulla recidiva non è costituita dalla semplice constatazione della violazione reiterata, ma da un più complesso e discrezionale giudizio, di esclusiva pertinenza della cognizione, che, sulla base di quel dato, enuclea la sussistenza di un concreto indizio di pericolosità sociale dell'imputato in relazione al fatto concreto e le sue conseguenze sulla determinazione dell'entità della pena; · ritenuto, pertanto, che la fase finale, che ne costituisce 1'esito nel procedimento esecutivo, è connessa ad un presupposto che matura nell'antecedente fase del giudizio di cognizione e che si consolida nel giudicato; · ritenuto che, come in casi strutturalmente similari previsti nell'ordinamento (come l'art. 164 comma 2 n. 1 c.p.), 1'evento preclusivo sia una mera conseguenza dell'“applicazione” della recidiva e che tali eventi, i quali si traducono in conseguenze afflittive, operanti ope legis, di una sentenza penale di condanna, diverse dalle pene principali, da quelle accessorie, dalle misure di sicurezza, siano da considerare, così come opinato da dottrina e giurisprudenza pressoché concordi, come effetti penali della condanna; · ritenuto che, per quel che attiene all'esecuzione, e, più specificatamente, alla questione in esame, l'evento decisivo sia quello del giudicato, e del suo contenuto, comprensivo o meno dello specifico effetto attribuito dalla L. 251 alla recidiva reiterata, di tal che gli effetti di quel giudicato, per la parte che attiene alla recidiva reiterata, si riverseranno automaticamente, e dunque senza alcuna questione di diritto transitorio, sull'esecuzione; · ritenuto che, per riconoscere dunque nella fase dell'esecuzione quell'effetto, debba attendersi che si formi il corrispondente giudicato alla luce anche di tale nuova normativa e che assumano cioè rilevanza solo quelle sentenze, passate in giudicato, pronunciate dopo l'8 dicembre 2005, che avranno avuto la possibilità di applicare le inedite disposizioni della L. 251 del 2005; · ritenuto, di conseguenza, che la sentenza a carico di S., che costituisce 1'attuale titolo esecutivo, formatasi in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. 251 e che non ha dunque potuto includere nel suo giudicato 1'effetto penale di cui trattasi, non possa proiettare sull'esecuzione che costituisce oggetto del presente giudizio 1'effetto corrispondente, costituito nella fattispecie nell'impossibilita di sospendere 1'esecuzione della pena detentiva per dar modo al condannato di presentare, in stato di libertà, l'istanza per la concessione di una misura alternativa alla detenzione; · ritenuto, per i motivi esposti, che, in presenza nel caso in esame delle condizioni relative al quantum della pena detentiva previste dall'art. 656 comma 5° c.p.p. ed in assenza delle altre ragioni ostative di cui ai commi 7° e 9° dello stesso articolo, in accoglimento delle richieste nell'interesse di S. debba essere disposta la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva residua, di cui all'ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dal p.m. in data 10 febbraio 2006, per dar modo all'interessato di presentare, in stato di libertà, entro il termine di trenta giorni, l'istanza volta alla concessione di una delle misure alternative alla detenzione, con la conseguente immediata scarcerazione di S., se non detenuto per altra causa;
PER QUESTI MOTIVI
· visti gli artt. 656, 665 e ss. c.p.p., ordina la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva residua, applicata nei confronti di S., con sentenza del Tribunale di Cagliari, in composizione monocratica, del 25 novembre 2005, irrevocabile il 18 gennaio 2006, ordinando la sua immediata scarcerazione, se non detenuto per altra causa, con 1'avviso che entro trenta giomi può essere presentata istanza, con la documentazione necessaria, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione e che, in difetto di tale presentazione, l'esecuzione della pena avrà corso immediato.
Si comunichi. Cagliari, 23 febbraio 2006 Il giudice dell'esecuzione dott. Giovanni Massidda
 
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