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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 25 maggio 2006 (dep. 9 agosto 2006), n. 28621/2006 (1907/2006)

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Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 25 maggio 2006 (dep. 9 agosto 2006), n. 28621/2006 (1907/2006)
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Indulto e cumulo ex artt. 78 e 80 cp: di fatto lo sconto non c'è

                 REPUBBLICA ITALIANA
            IN NOME DEL POPOLE ITALIANO
           LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                PRIMA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. FABBRI Gianvittore - Presidente
Dott. MOCALI Piero - Consigliere
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Consigliere
Dott. CORRADINI Grazia - Consigliere
Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere
ha pronunciato la seguente
                   SENTENZA
sul ricorso proposto da F.P.G., nato il ..., avverso l'ordinanza del 25-01-2006 della Corte d'Assise d'Appello di Bologna;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott.ssa Corradini Grazia;
Lette le conclusioni del P.G., Dr. Oscar Cedrangolo, che ha chiesto, previa declaratoria di manifesta infondatezza della proposta questione di illegittimità costituzionale, rigettarsi il ricorso;
Osserva:
Con ordinanza in data 25 gennaio 2006 la Corte d'Assise d'Appello di Bologna, quale giudice dell'esecuzione, ha respinto l'incidente di esecuzione promosso dal condannato F.P.G. contro il provvedimento di unificazione delle pene concorrenti da parte del Procuratore Generale di Bologna in data 16-11-2005, che aveva determinato il cumulo giuridico mediante applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p., previo scorporo delle pene coperte da condono.
Il giudice dell'esecuzione ha ritenuto erronea la tesi del F., per cui le pene condonate avrebbero dovuto essere scomputate dopo la formulazione del cumulo giuridico, poichè il criterio moderatore operava solo sulle pene effettivamente eseguibili, escluse quindi quelle condonate e ha al contempo dichiarato manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 78 c.p., secondo la interpretazione offerta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.576 del 1995, poichè anche la Corte di legittimità aveva fatto riferimento al principio di legalità della pena contenuto nell'art.25 della Costituzione riferendo l'effetto della causa di estinzione della pena per indulto alle condanne aventi i requisiti per l'applicazione del beneficio e non anche al cumulo giuridico ai sensi dell'art.78 c.p.
Ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato lamentando erronea applicazione degli artt.78 e 80 c.p. e carenza assoluta di motivazione del provvedimento impugnato poichè non si era tenuto conto della esigenza di garantire il risultato più favorevole al condannato e di evitare che il condono restasse privo di effetti pratici.
Ha altresì riproposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 78 c.p., secondo l'interpretazione offerta dal giudice dell'esecuzione per contrasto con il principio di legalità di cui all'art. 25 della Costituzione.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il ricorso è in effetti infondato.
La regola di cui all'art. 174, comma 2, c.p. in virtù della quale "nel concorso di più reati, l'indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso di reati", opera solo alla condizione che tutte le pene siano condonabili, giacchè nessuna causa di estinzione della pena può incidere su un cumulo che comprenda pene sulle quali la stessa causa non può esplicare i suoi effeti.
In questo caso, infatti, occorre separare le pene condonabili da quelle non condonabili e, quindi, procedere unificando le pene non condonabili con la parte di quelle condonabili che è residuata dopo l'applicazione dei benefici indulgenziali ed effettuando la riduzione prevista dall'art. 78 c.p. solo all'esito di tale operazione.
Ed è poi irrilevante la cicostanza che la applicazione di tale principio renda di fatto inoperante il riconoscimento dell'indulto, in quanto la pratica inoperatività dell'effetto estintivo dell'indulto deriva dal fatto che la pena, pur ridotta per la corretta applicazione del beneficio indulgenziale, entrando nel cumulo, porta la pena complessivamente determinata con calcolo artimetico a livelli superiora quelli previsti dal cumulo giuridico e lascia invariato il limite massimo, anche se il beneficio potrebbe operare giuridicamente ad altri eventuali fini (v. Cass. sez. I n.1375/1992; Cass. sez. I n.3628/1994; Cass. sez. I, 03-12-2003, Piromalli; Cass. sez. I, 25-02-2004, Fiore).
La soluzione adottata dal giudice dell'esecuzione è quindi ineccepibile e conforme al dettato normativo, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte.
La questione di legittimità costituzionale, dedotta dal ricorrente, per cui il principio di legalità della pena insito nell'art. 25 della Costituzione imporrebbe che i benefici si applichino sul limite massimo della pena legale di 30 anni risultante dalla applicazione degli artt. 78 e 80 cp, è dal suo canto manifestatamente infondata, come già ritenuto dal giudice dell'esecuzione, poichè il criterio applicato in concreto nella fattispecie in esame fa riferimento ed applica proprio il principio di legalità della pena contenuto nell'art. 25 della Costituzione in quanto riferisce l'effetto della causa di estinzione della pena per indulto alle condanne che abbiano i requisiti per l'applicazione del beneficio e non invece al cumulo giuridico che costituisce una fictio iuris dettata da esigenze di moderazione e di temperamento del trattamento sanzionatorio che opera sul cumulo definitivo comprendente tutte le pene che devono essere effettivamente scontate.
Nè tale operazione determina, come assume il ricorrente, una violazione del principio del favor rei, poichè tale principio non significa, nè può significare, che la applicazione pratica degli istituti debba comportare sempre e comunque la sommatoria o addirittura la duplicazione dei massimi benefici conseguibili sulla stessa base su cui devono operare, come si verificherebbe nel caso in esame qualora il condono venisse applicato sulle pene risultanti dal cumulo giuridico, le quali, seguendo la tesi del ricorrente, verrebbero a godere di un duplice abbattatimento, dapprima fruendo del criterio moderatore di cui all'art. 78 cp e poi del loro scorporo integrale dal cumulo giuridico.
Al rigetto del ricorso conseguono le statuizioni in punto di spese indicate nel dispositivo (art. 616 cpp).
  P.Q.M.
Dichiara manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale dedotta;
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 25 maggio 2006.
Depositata in cancelleria il 09 agosto 2006.
 
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