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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Ordinanza 19 ottobre 2006 (dep. 9 novembre 2006), n. 37276/2006 (2998/2006)

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Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Ordinanza 19 ottobre 2006 (dep. 9 novembre 2006), n. 37276/2006 (2998/2006)
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Ex Cirielli: sollevata questione di legittimità costituzionale sul divieto di accesso ai benefici penitenziari per i superecidivi (art. 58 quater comma 7 bis o.p.)

                         REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                       SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FAZZIOLI Edoardo - Presidente
Dott. GIORDANO Umberto - Consigliere
Dott. GIRONI Emilio Giovanni - Consigliere
Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere
ha pronunciato la seguente
                              ORDINANZA
sul ricorso proposto da C.R., n. il ...,  avverso l'ordinanza del16 febbario 2006 del Tribunale id Sorveglianza di Perugia;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere, Dott. Gironi Emilio Giovanni;
Sentite le conclusioni del Procuratore Generale che ha chiesto il rigetto del ricorso.
                 
           LA CORTE
Vista l'ordinanza indicata in epigrafe, con cui è stata dichiarata inammissibile l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale di C.R. ai sensi della nuova formulazione dell'art. 58 quater, comma 7 bis, legge 26.7.1975 n.354 (Norme sull'ordinamento penitenziario), aggiunto dall'art. 7, comma 7, legge 5.12.2005 n.251, che preclude la nuova concessione del predetto beneficio a coloro che, come l'istante, ne abbiano già fruito una volta ed ai quali sia stata applicata la recidiva di cui all'art. 99, comma 4, c.p.;
Visto il ricorso con cui il difensore denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 25, comma 2, Cost. e 2 c.p., sull'assunto che la nuova disposizione restrittiva invocata dal Tribunale di Sorveglianza non potrebbe retroattivamente applicarsi alle condanne per reati commessi anteriormente all'entrata in vigore della citata legge di modifica, dovendosi la pena considerare nella sua globalità, comprensiva anche delle possibile variabili esecutive, e propone, in subordine, questione di legittimità costituzionale della nuova disciplina restrittiva in riferimento agli artt. 3, 25, comma 2 e 27, comma 3, Cost.;
Ritenuta l'infondatezza della tesi difensiva con cui si invoca l'applicabilità degli artt. 25, comma 2 Cost. e 2 cod. pen., avendo la disposizione restrittiva in esame natura di norma processuale, seppure in connessione con una norma sostanziale come quella che regola la recidiva, ed essendo essa di conseguenza, per costante indirizzo giurispudenziale richiamato anche dal ricorrente, soggetta al principio "tempus regit actum", come, in generale, le norme in tema di esecuzione penale e di ordinamento penitenziario (vedi, ex  plurimis, Cass. Sez. I pen., 17 dicembre 2004, Goddi, in Dir. e Giustizia, 2005, fasc. 11, 37);
Rilevato che proprio la previsione espressa, da parte del legislatore, dell'inapplicabilità, ai detenuti per taluni reati commessi prima dell'entrata in vigore della legge 23 dicembre 2002, n.279, delle restrizioni da questa introdotte (vedi art. 4 della legge citata) mediante ampliamento del catalogo dei reati di cui all'art. 4 bis O.P. (previsione richiamata dal ricorrente a sostegno del proprio assunto) costituisce argomento idoneo a smentire la tesi difensiva, atteso che, ove si fossero ritenute operanti le previsioni dell'art. 2 c.p., non vi sarebbe stato alcun bisogno di sancire l'irretroattività della nuova disciplina: irretroattività derivata, dunque, solo dall'espressa previsione di inapplicabilità di quella nuova disposizione restrittiva ai condannati per reati anteriormente commessi;
Considerato che argomenti a favore della tesi qui disattesa non possono trarsi neppure dalla formulazione dell'art. 10, comma 2, legge 5 dicembre 2005 n.251, pure invocato dal ricorrente per via del suo generico richiamo alle disposizioni dell'art. 2 c.p. quanto alle norme della medesima legge diverse dall'art. 6 (relativo alla prescrizione), dovendosi evidentemente tale richiamo intendere nel senso del rinvio alle disposizioni di detto art. 2 solo in quanto applicabili secondo i principi generali (nello stesso senso, Cass., Sez. I, 5.7.2006, n.2321, Borromeo), tenuto, del resto, conto che la legge in questione disciplina diverse materie, talune delle quali suscettibili di applicazone delle richiamate disposizioni codicistiche (aumenti di pene edittali, disciplina del concorso di circostanze di opposto segno, recidiva);
Rilevato che ananloghi principi sono stati affermati recentemente da questa stessa sezione con la già citata sentenza n.2321 in data 5 luglio 2006, Borromeo;
Ritenuta, per contro, la non manifesta infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale, seppure con riferimento limitato all'art. 27, comma 3, Cost., iscrivendosi essa nel solco già reiteratamente percorso dal giudice delle leggi  con sentenze nn. 306/1993, 504/1995, 445/1997, 137/1999 - relative a limitazioni nella fruizione o concessione dei benefici penitenziari introdotte con D.L. 8 giugno 1992, n.306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n.356 - e significativamente ribadito, da ultimo, con sentenza n. 257/2006 (concernente l'art. 30 quater legge 26 luglio 1975 n.354, inseito dallo stesso art. 7 legge 5 dicembre n. 251 qui sindacato e concernente l'introduzione di una più rigorosa disciplina nei confronti dei recidivi), tutte snodantisi lungo un filo conduttore comune ed ispirate al principio secondo cui "non si può ostacolare il raggiungimento della finalità rieducativa, prescritta dalla Costituzione nell'art. 27, con il precludere l'accesso a determinati benefici o a determinate misure alternative in favore di chi, al momento in cui è entrata in vigore una legge restrittiva, abbia già realizzato tutte le condizioni per usufruire di quei benefici o di quelle misure";
Rilevato, infatti, che anche nel caso in esame la preclusione alla reiterazione del beneficio introdotta dal nuovo regime, se applicata ai condannati che abbiano già anteriormente raggiunto un grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio richiesto, si risolverebbe in un irragionevole arresto dle percorso rieducativo, segnandone una regressione pur in difetto di una regressione comportamentale da parte del detenuto;
Considerato che nella specie l'esecuzione concerne la pena di un anno di reclusione inflitta al C. con sentenza del Tribunale di Perugia in data 28.7.2003 per un reato di ricettazione commesso nell'ormai lontano settembre 1996;
Ritenuta la concreta rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della decisione sull'istanza proposta dal C., avendo il Tribunale di Sorveglianza di Perugia preliminarmente rilevato la preclusione introdotta dalla legge e dichiarato l'inammissibilità della richiesta senza poter procedere al vaglio del merito secondo i criteri di cui all'art. 47, comma 3, Legge n. 354/1975 (risultando il condannato in stato di libertà all'atto della proposizione dell'istanza);
Ritenuta, infine, l'impraticabilità di una diretta interpretazione in senso costituzionalmente orientato della nuova disposizione limitativa, in conformità ai principi desumibili dalla citata giurisprudenza dle giudice delle leggi, attesa la drasticità ed anelasticità della formulazione normativa (che - istituendo un divieto indiscriminato di reiterazione del beneficio per i condannati ai quali sia stata, come nella specie, applicata la recidiva di cui all'art. 99, comma 4, cod. pen. - non consente spazio ermeneutico alcuno al giudice) e considerata, altresì, la serie di pronunce di illegittimità costituzionale intervenute, in casi similari, a conferma della necessità di puntuali e specifici interventi ablativi da parte della Corte Costituzionale;
Visto l'art. 23 Legge 11 marzo 1953, n.87;
                               P.Q.M.
Dichiara rilevante e non manifestatamente infondata, in riferimento all'art. 27, comma3, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58 quater, comma 7 bis, legge 26 luglio 1975 n.354, inserito dall'art. 7, comma 7, legge 5 dicembre 2005 n.251, secondo cui "l'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi più di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma, del codice penale".
Dispone l'immediata trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alla parte privata e al Procuratore Generale in sede nonchè al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 09 novembre 2006
 
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