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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione IV penale, Sentenza 2 luglio 2007 (dep. 20 luglio 2007), n. 29228

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Corte di Cassazione, Sezione IV penale, Sentenza 2 luglio 2007 (dep. 20 luglio 2007), n. 29228
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Ex Cirielli e recidiva: l’aumento non è obbligatorio (ma va valutata la pericolosità del reo)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTISTI Mariano - Presidente 
Dott. MARZANO Francesco - Consigliere
Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere
Dott. VISCONTI Sergio - Consigliere
Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di
Cagliari avverso la sentenza pronunciata in data 11 gennaio 2006 dal Tribunale di Cagliari, nel procedimento contro F.M., nato a ...;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Renato Bricchetti;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ciani Gianfranco, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Cagliari applicava, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., a F.M., previo riconoscimento della prevalenza della circostanza attenuante della lieve entità dei fatti (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5) sulla recidiva reiterata di cui all'art. 99 c.p., comma 4, le pene di anni uno di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa per il delitto, accertato in ..., di illegale detenzione di 8,3 grammi di cocaina e di 0,3 grammi di eroina.
2. Avverso l'anzidetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Cagliari.
Chiede:
- in via principale, ritenersi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 c.p., comma 4, come sostituito dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 3, per contrasto con l'art. 3 Cost., art. 25 Cost., comma 2, e art. 27 Cost., commi 1 e 3;
- in via subordinata, annullarsi la sentenza impugnata per avere il Tribunale violato, nel procedere al giudizio di bilanciamento delle opposte circostanze, il divieto previsto dal citato art. 69 c.p.p., comma 4, di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata.
Reputa il ricorrente che la norma menzionata avrebbe introdotto un "automatismo sanzionatorio", correlato ad una presunzione iuris et de iure di pericolosità sociale del recidivo reiterato, che, limitando il potere-dovere del giudice di adeguamento della pena al caso concreto, si porrebbe in contrasto con i principi di eguaglianza, di necessaria offensività del reato, di personalità della responsabilità penale e della funzione rieducativa della pena.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito enunciate (manifestamente infondato è, invece, il dubbio di legittimità costituzionale prospettato).
3.1. Le considerazioni svolte dal ricorrente sono sorrette dal presupposto che, a seguito della L. 5 dicembre 2005, n. 251, la recidiva reiterata sia divenuta obbligatoria e non possa, pertanto, essere   esclusa dal giudice - quantomeno agli effetti della commisurazione della pena - in correlazione alle peculiarità del caso concreto.
L'affermazione non può essere condivisa.
Esiste, invero, un percorso ermeneutico alternativo, che conduce all'affermazione della facoltatività della recidiva ed è idoneo ad impedire, nei casi che lo richiedono, l'operatività del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata previsto dall'art. 69 c.p., comma 4.
3.2. L'art. 99 c.p., come sostituito dalla L. n. 251 del 2005, art. 4, articola la disciplina della recidiva, il cui ambito di operatività concerne i soli delitti dolosi, prevedendo una sequenza in ordine crescente di gravità:
- recidiva semplice di cui al comma 1 ("Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo"): la sottoposizione "all'aumento della pena" è - come può desumersi dalla lettera della norma - facoltativa, mentre la misura dell'aumento è fissa ("di un terzo");
- recidiva aggravata di cui al secondo comma ("La pena può essere aumentata fino alla metà: 1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole (recidiva specifica); 2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente (recidiva infraquinquennale); 3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena (cd. recidiva vera), ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena (cd. recidiva finta)": non vi è alcun riferimento espresso alla facoltatività o alla obbligatorietà della sottoposizione; l'aumento però non è "fisso" (se non - come si legge nel comma 3 - nel caso in cui concorrano più circostanze fra quelle sopra indicate: cd. recidiva pluriaggravata) ma variabile ("fino alla metà");
- recidiva reiterata di cui al quarto comma ("Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l'aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal comma 2, è di due terzi"): anche in tal caso il legislatore omette qualsiasi esplicito riferimento alla facoltatività od obbligatorietà della sottoposizione, limitandosi a delineare l'entità degli aumenti.
Resta da dire del quinto comma (non rileva, ai fini che qui interessano, il limite invalicabile dell'aumento fissato dal sesto comma, che chiude l'art. 99 c.p.), fondamentale nell'"economia" interpretativa della disposizione: "Se si tratta di uno dei delitti indicati all'art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al comma 2 (casi di recidiva aggravata), non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto": ecco, dunque, il primo riferimento all'obbligatorietà della sottoposizione, id est l'obbligatorietà "dell'aumento della pena" (non semplicemente della sua entità).
3.3. Il coordinamento logico della sequenza di disposizioni che caratterizza l'art. 99 c.p. mette in luce l'erronea prospettazione del ricorrente.
Si è visto che al primo comma (recidiva semplice) il legislatore si è espresso nel senso della facoltatività "dell'aumento" (inteso come sottoposizione); nei commi secondo (recidiva monoaggravata), terzo (recidiva pluriaggravata) e quarto (recidiva reiterata) vi è silenzio in ordine alla facoltatività od obbligatorietà della sottoposizione, dedicandosi il legislatore alla misura degli aumenti; infine, nel comma quinto (recidiva concernente gli anzidetti reati, selezionati in relazione alla loro gravità ed all'allarme sociale che suscitano) è prevista apertis verbis l'obbligatorietà dell'aumento.
Logica vuole che la sequenza vada interpretata nel senso che i commi in cui il legislatore tace siano da ritenersi omogenei, quanto al profilo in esame, a quello che li precede (e che parla di facoltatività), tanto più che il comma che li segue se ne discosta, dettando un principio (obbligatorietà) diametralmente opposto. La sottoposizione a recidiva (ai relativi aumenti di pena) è, dunque, (rimasta) facoltativa; l'obbligatorietà espressa dall'uso dell'indicativo presente del verbo essere non è riferita alla "sottoposizione" (all'aumento di pena) ma, più semplicemente, alla misura dell'aumento medesimo là dove il legislatore lo ha previsto "fisso", anzichè variabile tra un minimo e un massimo.
Il giudice può, dunque, applicare l'aumento di pena (fisso o variabile) previsto se reputa che il nuovo delitto, quello che fonda lo status di recidivo (semplice, aggravato, pluriaggravato o reiterato) sia in concreto (quindi in rapporto alla natura del precedente delitto doloso ed al tempus del medesimo e, in genere, avuto riguardo ai parametri di commisurazione di cui all'art. 133 c.p.) espressione di una più inarcata pericolosità del reo ovvero costituisca indice della sua maggiore colpevolezza.
Naturalmente, un'eccezione alla regola della facoltatività è ravvisabile nel quinto comma dell'art. 99, che - come si è detto - prevede espressamente l'obbligatorietà della recidiva soltanto se concernente uno dei gravi delitti indicati dal citato art 407 c.p.p., comma 2, lett.a), (così introducendo altri dubbi interpretativi: fermo restando, infatti, che la disposizione si applica non soltanto alla recidiva reiterata ma a tutte le ipotesi di recidiva disciplinate nell'articolo, non è, tuttavia, chiaro, se sia il nuovo delitto a dover essere previsto nel citato catalogo di gravi reati, ovvero quello oggetto della precedente condanna; oppure indifferentemente l'uno o l'altro; o, ancora, entrambi, anche se la scala crescente di "gravità" che caratterizza la sequenza nell'art. 99   c.p.p. delle ipotesi di recidiva potrebbe far pensare a quest'ultima ipotesi).
3.4. Passando ora all'esame dell'art. 69 c.p., comma 4, come sostituito dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 3, è di immediata percezione che la disposizione sottrae in parte la recidiva reiterata al giudizio di bilanciamento, che pur continua a riguardare le circostanze inerenti alla persona del colpevole (ipotesi di recidiva diverse dalla reiterata e circostanze che riguardano l'imputabilità), le circostanze aggravanti indipendenti (circostanze per le quali la legge prevede una pena della stessa specie, ma con limiti edittali indipendenti da quelli previsti per il reato semplice), nonchè, naturalmente, quelle autonome (circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa rispetto a quella prevista per il reato semplice).
L'intenzione del legislatore del 2005 era quella di evitare il rischio che la recidiva non concorresse più in concreto a definire il trattamento sanzionatorio.
Si è pensato, allora, di precludere al giudice la possibilità di operare un giudizio di prevalenza di una o più circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata (stante la lettera della disposizione, il giudice può invece dichiarare la recidiva reiterata equivalente ad una o più circostanze attenuanti).
3.5. Se si esclude, peraltro, che la recidiva reiterata sia divenuta obbligatoria, è possibile ritenere - come la Corte Costituzionale ha recentemente adombrato (cfr. Corte Cost. 14 giugno 2007, n. 192) - che venga meno l'"automatismo" previsto dall'art. 69 c.p., comma 4, relativo "alla predeterminazione dell'esito del giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee sulla base di una asserita presunzione assoluta di pericolosità sociale" e sostenere "allorchè la recidiva reiterata concorra con una o più attenuanti ... che il giudice debba procedere al giudizio di bilanciamento" - soggetto all'anzidetto regime limitativo - unicamente quando, sulla base dei criteri dianzi ricordati   ritenga "la recidiva reiterata effettivamente idonea ad influire, di per sè, sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede; mentre, in caso contrario, non si farà luogo ad alcun giudizio di comparazione: rimanendo con ciò esclusa la censurata elisione automatica delle circostanze attenuanti".
3.6. Va ricordata, per completezza, l'esistenza di un ulteriore tema interpretativo, al quale accenna la Corte Costituzionale nella pronuncia dianzi citata: se, una volta affermata la facoltatività della recidiva, sia possibile sostenere che essa riguardi l'aumento di pena, ma non gli altri effetti penali della stessa (rispetto ai quali il giudice sarebbe comunque vincolato a ritenere esistente la circostanza); oppure "se assuma, al contrario, rilievo dirimente - pure nella cornice di detto indirizzo - la considerazione che il giudizio di bilanciamento attiene anch'esso al momento commisurativo della pena".
Effettivamente, prima della riforma, erano segnalati, in dottrina ed in giurisprudenza, due diversi orientamenti.
Vi era chi sosteneva che la facoltatività riguardasse soltanto l'aumento della pena, non anche i cd. effetti minori della recidiva.
Un diverso orientamento, autorevolmente sostenuto in dottrina, reputava, invece, che facoltativa (discrezionale) fosse la stessa declaratoria di recidiva.
Sicchè, in assenza di dichiarazione, non potevano prodursi neppure gli effetti minori.
Questo Collegio ritiene di doversi esprimere a favore di quest'ultimo indirizzo interpretativo e, in ogni caso, a favore della considerazione che il giudizio di bilanciamento attiene comunque al momento commisurativo della pena.
Devono sul punto condividersi, invero, le considerazioni sviluppate dal giudice delle leggi nella citata pronuncia.
Qualora si ammettesse, infatti, che la recidiva reiterata, da un lato, mantenga il carattere di facoltatività, ma dall'altro abbia efficacia comunque inibente in ordine all'applicazione di circostanze attenuanti concorrenti, ne deriverebbe la conseguenza di una circostanza "neutra" agli effetti della determinazione della pena (ove non indicativa di maggiore colpevolezza o pericolosità del reo) nell'ipotesi di reato non (ulteriormente) circostanziato; ma in concreto "aggravante" - eventualmente, anche in rilevante misura - nell'ipotesi di reato circostanziato in mitius.
Si dovrebbe, in altre parole, supporre che la recidiva reiterata non operi rispetto alla pena del delitto in quanto tale e determini, invece, un sostanziale incremento di pena rispetto al delitto attenuato.
3.7. La soluzione del caso in esame è, dunque, indicata dal rilievo che il citato divieto di cui al quarto comma dell'art. 69 c.p. non incorre in censure di illegittimità costituzionale se interpretato nei termini anzidetti (all'esclusione dell'obbligatorietà della recidiva reiterata consegue la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale formulate dal ricorrente).
Il giudice di merito ha, dunque, violato detto divieto nel momento in cui ha ratificato l'accordo delle parti che riconosceva la circostanza attenuante del fatto di lieve entità prevalente sulla contestata recidiva reiterata.
In tal senso la sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio. Resta, peraltro, la possibilità per il giudice - è opportuno ribadirlo - di non sottoporre l'imputato alla recidiva (o, se si preferisce, di escluderla), non facendo luogo al giudizio di bilanciamento soggetto all'anzidetto regime limitativo - se, sulla base dei criteri dianzi ricordati, ritenga la recidiva reiterata effettivamente inidonea ad
influire, di per sè, sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede; se, in altre parole, il nuovo delitto, quello che fonda lo status di recidivo (semplice, aggravato, pluriaggravato o reiterato) non è in concreto (quindi in rapporto alla natura del precedente delitto doloso ed al tempus del medesimo e, in genere, avuto riguardo ai parametri di commisurazione di cui all'art. 133 c.p.) espressione di una più marcata pericolosità del reo ovvero indice della sua maggiore colpevolezza.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Cagliari per l'ulteriore corso.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2007.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2007
 
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