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Penale.it - Giudice dell'Udienza Preliminare di Trento, Ordinanza 12 febbraio 2008

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Giudice dell'Udienza Preliminare di Trento, Ordinanza 12 febbraio 2008
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Sollevata questione di legittimità costituzionale del comma 143 dell'art. 1 della legge 244/2007, novellante l'art. 322 ter c.p.p. nella parte in cui consente la confisca obbligatoria per reati tributarî commessi precedentemente all'entrata in vigore della legge stessa.

Tribunale Civile e Penale di Trento
Ufficio del Giudice per le Udienza Preliminari
 
Oggetto: ordinanza di legittimità Costituzionale
 
In data  17.12.2007  Il Gup di Trento applicava ex art. 444 c.p.p. a B.S. la pena di anni 1 e mesi 10 di reclusione per i seguenti reati:
 
a)  artt.  110, 81 c.p., 2 D.L.vo 74/2000 perchè, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso,  nelle qualità di cui sopra, in concorso con persone non identificate, al fine di ottenere un’indebita detrazione Iva e di evadere le imposte sui redditi, e avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalle imprese Z.F.,  S. Srl, N.C. di C.R.e M.G.C. di M.G.
1.    nella dichiarazione Iva della A. di B.G. & C. s.n.c. relativa all’esercizio   2003 presentata in data 4.9.04  , indicava elementi passivi fittizi pari a  €  358.647,50
2.    nella dichiarazione Iva della A. di B.G. & C. s.n.c. relativa all’esercizio   2004 presentata in data 27.9.05, indicava elementi passivi fittizi pari a  €  362.880,17
3.    nella dichiarazione dei redditi della A. di B.G. & C. s.n.c. relativa all’esercizio 2003, presentata in data 4.9.04 , indicava elementi passivi fittizi pari a € 1.793.237,49.
4.    nella dichiarazione dei redditi della A. di B.G. & C. s.n.c. relativa all’esercizio 2004, presentata in data  27.9.05, indicava elementi passivi fittizi pari a €  1.814.400,85.
b)  artt. 110, 81 c.p., 8 D.L.vo 74/2000 perché, nella qualità di cui sopra, in concorso con persone non identificate e al fine di consentire a impresa individuale Z. e a N.C. di C.R. di evadere l’Iva, emetteva fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti dell’impresa tedesca di Z. per un ammontare complessivo pari a €  515.402,32
In B. il  15.1.2003,7.8.2003, 1.9.2003 e 16.4.2004., data di emissione delle fatture
 
c) Artt. 110,81, c.p., 216 comma 1 n. 1, 219 commi 1 e 2 n. 1 r.d. 267/1942 perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, nella qualità  di cui sopra, in concorso con Z.F. (quale amministratore  dell’impresa individuale Z.F.) e  con persone allo stato non identificate, distraeva dalle casse sociali della   impresa individuale Z.F. (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005) la somma complessiva non inferiore a € 387.935,89 attraverso le seguenti operazioni:
a) imprese estere   hanno venduto alla impresa Z. (e, in alcuni casi le imprese italiane A.B. sp.a., L’A. s.r.l., N. s.p.a.,  e N.T. s.r.l. alla impresa Z.F. Handel, che poi ha ceduto alla impresa Z.) italiana)  una serie di autovetture (senza Iva ex D.L 331/93) per un ammontare complessivo di €  3.996.929,47
b) successivamente  l’impresa Z. ha venduto alla A. di B.G. & C. s.n.c. (in alcuni casi previo passaggio attraverso la Z.F. Handel,  resasi acquirente delle imprese italiane di cui sopra)  tali autovetture  al prezzo complessivo (Iva compresa) di € 4.384.865,36 e pertanto in apparenza “sottocosto”, atteso che l’Iva  dovrebbe essere solo una partita di giro e  pertanto versata all’erario.
c) in realtà il rapporto tra i fornitori esteri e italiani, da una parte, e A. di B.G. & C. s.n.c.  dall’altra, è diretto, mentre l’impresa Z. (e, in alcuni casi Z.F. Handel) è mero soggetto interposto la cui funzione è quella di non versare l’Iva e così immettere sul mercato autovetture a prezzi concorrenziali, atteso che l’importo dell’Iva in parte viene destinato a pagare il fornitore  e in parte trattenuto e poi diviso tra  B. e Z..    
Tutto ciò  ha generato naturalmente un enorme debito fiscale in capo alla impresa individuale Z. che  ha condotto al fallimento, dichiarato con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005
B.,, acquistando dalla impresa Z. nella piena consapevolezza del meccanismo truffaldino e spartendosi con Z. l’importo dell’Iva, ha fornito un contributo casualmente rilevante alle distrazioni.
Con le aggravanti di aver compiuto più fatti di distrazione e di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.
  
d) Artt. 110 c.p., 216 comma 1 n. 1, 219 commi 1 e 2 n. 1, 223 comma 1 r.d. 267/1942 perché, nella qualità  di cui sopra, in concorso con Z.F. (quale di amministratore  di S. s.r.l.) e  con persone allo stato non identificate, distraeva dalle casse sociali della S. s.r.l. (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005) la somma complessiva non inferiore a € 182.463,18 attraverso le seguenti operazioni:
a) imprese estere  hanno venduto alla  S. s.r.l. (e, in alcuni casi, A.B. s.pa., alla impresa Z.F. Handel, che poi ha ceduto alla S. s.r.l.) una serie di autovetture (senza Iva ex D.L 331/93 ) per un ammontare complessivo di €  1.908.517,84
b) successivamente  S. s.r.l. ha venduto alla A. di B.G. & C. s.n.c. (in alcuni casi previo passaggio attraverso la Z.F. Handel,  resasi acquirente A.B. s.pa.,)  tali autovetture al prezzo complessivo (Iva compresa) di € 2.090.981,02 e pertanto in apparenza “sottocosto”, atteso che l’Iva  dovrebbe essere solo una partita di giro e  pertanto versata all’erario.
c) in realtà il rapporto tra le imprese estere e A.B., da una parte,  e A. di B.G. & C. s.n.c., dall’altra,  è diretto, mentre  S. s.r.l. (e, in alcuni casi impresa Z.F. Handel) è mero soggetto interposto la cui funzione è quella di non versare l’Iva e così immettere sul mercato autovetture a prezzi concorrenziali, atteso che l’importo dell’Iva in parte viene destinato a pagare il fornitore  e in parte trattenuto e poi diviso tra  B. e Z..    
Tutto ciò ha generato naturalmente un enorme debito fiscale in capo alla  S. s.r.l. che  ha condotto al fallimento, dichiarato con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005
B., acquistando dalla  S. s.r.l. nella piena consapevolezza del meccanismo truffaldino e spartendosi con Z. l’importo dell’Iva, ha fornito un contributo casualmente rilevante alle distrazioni.
Con le aggravanti di aver compiuto più fatti di distrazione e di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.
 
 e) artt. 110 c.p. 223 comma 2 n. 2, r.d. 267/1942 nella qualità in epigrafe indicata, in concorso con Z.F. e con persone allo stato non identificate,  cagioN. per effetto di operazioni dolose, meglio descritte al capo che precede, il fallimento della S. s.r.l..
In T. il 17 febbraio 2005, data della dichiarazione di fallimento di S. s.r.l. e impresa individuale Z.
 
 
 
In data 4 gennaio  2008 il B., tramite il suo difensore, depositava istanza di dissequestro (anche) della somma complessiva di € 10.820,00  affermando (e la circostanza è del tutto pacifica) che tale denaro non era in alcun modo collegabile con l’attività delittuosa (né con le bancarotte né con gli illeciti fiscali)  e rimarcando di aver già versato a titolo di risarcimento (certo non integrale attesi gli importi del danno e del profitto) la somma complessiva di  € 636.620,24
 
Poste tali premesse ad avviso dello scrivente la restituzione delle somme di denaro sarebbe atto dovuto.
 
Sennonché in data 1.1.2008 è entrato in vigore l’art. 1 comma 143 della L. 244/2007 (in GU 28.12.2007) il quale prevede che “nei casi di cui agli articoli 2,3,4,5,8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’art. 322 ter del codice penale”
Per effetto di tale norma la confisca per equivalente è estesa a (quasi) tutti i reati tributari.
Tale norma si applica anche ai reati commessi precedentemente alla sua entrata in vigore posto che, per giurisprudenza costante della Cassazione, costituente ormai diritto vivente, Il principio di irretroattività della legge penale, sancito dagli artt. 2 cod. pen. e 25, comma secondo, Cost., è operante nei riguardi delle norme incriminatrici e non anche rispetto alle misure di sicurezza, sicché la confisca può essere disposta anche in riferimento a reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista ovvero era diversamente disciplinata quanto a tipo, qualità e durata “ (Cass. 3717/1999; cass. n. 7045/2000; Cass.  cass. n.. 4328/2000; Cass.  n. 10575/2003; Cass. n.  13039/ 2005; Cass. n. 9269/2006 )
Alla luce di tale norma la somma si € 10.820,00  dovrebbe essere confiscata, posto che la confisca di cui all’art. 1 comma 143 della L. 244/2007 è una misura di sicurezza (art. 236 comma 1 n. 2 c.p.) e non certo una pena (artt. 17 e 19 c.p.) e che allo stato non si è a conoscenza di altri beni intestati a B.
 
Peraltro, il principio di retroattività nell’applicazione delle misure di sicurezza si pone in contrasto con l’art. 7 Convenzione europea Diritti dell’Uomo (recepita nel nostro ordinamento con L. 848/1955) il quale prevede che “Non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è commesso”.
La disposizione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo è stata interpretata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nel senso che la Corte “deve essere libera di andare al di là delle apparenze e di valutare essa stessa se una data misura costituisca una pena ai sensi di tale norma.”
Si è sostenuto in particolare che “la formulazione dell’art. 7 seconda frase indica che il punto di partenza di ogni valutazione sull’esistenza di una pena consiste nello stabilire se la misura in questione sia stata imposta a seguito di una condanna per un reato. (…) Al riguardo altri elementi possono essere ritenuti pertinenti: la natura e lo scopo della misura in questione, la sua qualificazione nel diritto interno; le procedure correlate alla sia adozione e esecuzione” (Corte Europea diritti Uomo 9.2.1995 Welch c. Regno Unito)
Alla luce di tali criteri la Corte ha ritenuto in contrasto con l’art. 7 CEDU l’applicazione retroattiva della confisca di beni applicata a un trafficante di droga condannato a lunga pena detentiva.
Per quanto concerne la misura di cui all’art. 322 ter c.p., richiamato dall’art. 1 comma 143 L. 244/2007, la Suprema Corte, a sezioni unite, ha ritenuto che la confisca per equivalente, “costituendo una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti viene ad assumere un carattere eminentemente sanzionatorio” (Sez. Un. 41936/2005; in senso conforme Cass. ).  Alla luce di tale giurisprudenza si può affermare che la confisca per equivalente prevista nell’ordinamento italiano è una misura di sicurezza di carattere sanzionatario e costituisce una “pena” secondo la nozione che ne fornisce la Corte Europea dei diritti dell’uomo
 
Poste tali premesse gli artt. 200, 322 ter c.p. e 1  comma 143 L. 244/1997 si pongono in contrasto con l’art.  7 CEDU come interpretato dalla Corte dei diritti dell’Uomo e pertanto con l’art. 117 comma 1 Cost. come interpretato da Corte Cost. 348/2007 (in senso analogo Corte Cost. 349/2007): il nuovo testo dell'art. 117, primo comma, Cost, se da una parte rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse nella sfera di competenza di questa Corte, poiché gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimità costituzionale. Il giudice comune non ha, dunque, il potere di disapplicare la norma legislativa ordinaria ritenuta in contrasto con una norma CEDU, poiché l'asserita incompatibilità tra le due si presenta come una questione di legittimità costituzionale, per eventuale violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., di esclusiva competenza del giudice delle leggi.
Rilevato dunque che la questione di legittimità costituzionale degli artt. 200, 322 ter c.p., 1 comma 143 L. 244/2007 è rilevante (qualora la norma censurata fosse dichiarata incostituzionale le somme di denaro andrebbero restituite a B. e non confiscate) e non manifestamente infondata, il Giudice dell’udienza preliminare, quale  Giudice dell’esecuzione, visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. 87/53.
Solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 200, 322 ter c.p., 1 comma 143 L. 244/2007 per contrasto con l’art. 117 Cost. nella parte in cui consentono la confisca obbligatoria (eseguibile anche dal giudice dell’esecuzione) di beni di cui il reo abbia disponibilità per un valore corrispondente a quello del profitto, per reati tributari commessi precedentemente alla loro entrata in vigore.
Dispone che, a cura della cancelleria, l’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale sia notificata all’imputato, al difensore e al P.M., nonché al Presidente  del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Trento, 12.02.2008
 
IL GIUDICE
Dott. Corrado PASCUCCI
 
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