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Penale.it - Tribunale di Brescia, Sezione Distaccata di Salò, Sentenza 10 dicembre 2010, (dep. 14 gennaio 2011), n. 173

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Tribunale di Brescia, Sezione Distaccata di Salò, Sentenza 10 dicembre 2010, (dep. 14 gennaio 2011), n. 173
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Guida in stato d'ebrezza - La presenza di alcool nel sangue segue un andamento a parabola, partendo da valori di ingresso – sostanzialmente bassi – per poi incrementare sino al livello di massima intossicazione e, da lì, scendere sino all’annullamento. Ove l’accertamento del tasso alcolemico sia effettuato a distanza dal momento del fermo, non si è in grado di comprendere se al momento del controllo l’organismo si trovasse nella fase ascendente della curva alcolemica, ovvero in quella discendente, con conseguente incertezza della prova dell’entità concreta dell’intossicazione al momento della conduzione del mezzo; ne deriva che la condotta deve essere ricondotta – in favor rei – alla fascia a) dell'art. 186 C.d.s.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANA
 
IL GIUDICE MONOCRATICO DEL TRIBUNALE DI BRESCIA
SEZIONE DISTACCATA DI SALO’
DOTT. MATTEO MANTOVANI
 
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
ex art. 425 cpp
Sentenza N. 173
In data 10/12/2010
Sentenza depositata il:
14/01/2011
 
Nella causa penale contro:
R. M., nato a B. il ***, con domicilio dichiarato in L., assistito e difeso di fiducia dagli Avv.ti L. S. e N. S. del foro di Brescia
LIBERO – CONTUMACE
 
IMPUTATO
 
 
a) del reato di cui all’art. 186/1° e 2° comma, lettera b D.L.vo 285/92, per aver circolato alla guida del veicolo A. tg. **** in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche in G. R. il 30/03/2008;
esito accertamento etilometro: 1,18 g/l e 1,04 g/l;
Con l’intervento del PM Stefania De Ferrari – V.P.O. e dell’Avv.to E. B. in sostituzione dell’Avv.to L. S. come da delega depositata
 
Le parti così concludevano:
 
Il Pubblico Ministero: chiede la condanna dell’imputato alla pena dell’arresto di mesi 2 e dell’ammenda di euro 800,00, oltre la sospensione della patente per mesi 6.
 
Il difensore dell’imputato: previa declaratoria di inutilizzabilità dell’alcol test, chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
 
Svolgimento del processo
 
A seguito di opposizione a decreto penale di condanna, veniva citato avanti a questo giudice R.M., in atti compiutamente generalizzato, al fine di rispondere dell’imputazione a lui ascritta.
All’odierna udienza, svolta nella dichiarata contumacia del pervenuto, si procedeva all’audizione del teste indicato dal Pubblico Ministero, previa acquisizione della documentazione elencata a verbale.
Dichiarata chiusa l’istruttoria, la parola veniva ceduta alle parti, le quali brevemente discutevano rassegnando le conclusioni riportate in epigrafe.
 
Motivi della decisione
 
Il fatto di cui all’originaria imputazione deve essere ricondotto alla violazione dell’art. 186 comma secondo lett. a) C.d.s., con conseguente necessità di mandare assolto l’imputato perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Il teste G. – agente di PG verbalizzante – riferiva di aver effettuato un controllo a carico del conducente di vettura A., targata ****, identificato nella persona dell’odierno prevenuto.
Atteso che quest’ultimo emanava alito vinoso, denotando occhi lucidi, si decideva di effettuare le analisi del caso al fine di accertare l’eventuale assunzione di alcool.
Tali esami, che venivano espletati decorsi almeno quaranta minuti dopo il fermo, fornivano esito positivo pari a 1,18 g/l in prima misurazione e pari a 1,04 g/l in seconda misurazione.
Il R. M. veniva quindi denunciato all’Autorità procedente per il reato in rubrica, mentre la vettura di questi veniva sequestrata.
 
Ciò posto, osserva il Tribunale come – concretamente – possano considerarsi fuori dubbio tanto il fermo, quanto l’individuazione del prevenuto.
Quanto alla regolarità dell’operato della PG nella fase di accertamento del valore di alcool nell’aria alveolare espirata, se da un lato la deposizione chiara, precisa e logica del teste operante permette di ritenere provata la somministrazione degli avvisi della facoltà di farsi assistere da un difensore (ciò che la difesa riteneva non fosse stato effettuato), sotto altro profilo va detto che se anche fosse stata provata l’omissione dell’avviso della possibilità di farsi assistere da un legale, si sarebbe comunque generata una nullità a regime intermedio che, non essendo stata dedotta nei termini di cui all’art. 182 comma secondo c.p.p., comporta il consolidamento dell’efficacia probatoria del test effettuato.
Se tuttavia si cala quanto sopra nelle circostanze oggettive in cui i fatti si sono svolti, emerge la prova di come non si possa ritenere provata oggettivamente la circostanza per la quale, al momento della guida del mezzo, e quindi del fermo, il prevenuto fosse in una condizione di alterazione da sostanze alcoliche pari a quella rilevata in occasione degli esami espletati.
Come noto, la presenza di alcool nel sangue segue un andamento a parabola, partendo da valori di ingresso – sostanzialmente bassi – per poi incrementare sino al livello di massima intossicazione e, da lì, scendere sino all’annullamento.
Per comprendere quindi se l’andamento sia in incremento, o in decremento, e per determinare la velocità di queste fasi, è necessario compiere un particolare esame clinico, detto “curva alcolemica”, esame che – in concreto – non viene quasi mai espletato, o perché l’accertamento avviene attraverso l’aria alveolare espirata, o perché si ritiene sufficiente il riscontro gas cromatografico su sangue intero (esame, quest’ultimo, che è idoneo ad indicare – unicamente – la quantità di alcool presente nel sangue in un determinato momento).
Precisato quanto sopra, ne deriva che, ove l’accertamento del tasso alcolemico sia effettuato a distanza dal momento del fermo, non è possibile prescindere dal metabolismo dell’etanolo, destinato a giocare un ruolo di concreto ponderante soprattutto nei casi in cui non si è in grado di comprendere se al momento del prelievo del sangue l’organismo si trovasse nella fase ascendente della curva alcolemica, ovvero in quella discendente, con il precipitato per il quale non si avrebbe mai la prova sicura dell’entità concreta dell’intossicazione al momento della conduzione del mezzo, prova che – come noto – è necessaria ed imprescindibile al fine di collocare il fatto di reato in una delle tre ipotesi delittuose alternative create dal Legislatore del 2007.
Orbene, nel caso di specie si è verificata appunto questa problematica.
Il R.M., infatti, pur quanto denotante evidenti segni di alterazione dovuta all’assunzione di alcool, è stato fermato dalla Polizia alle ore 03,30, per poi essere trasportato presso il comando dove, solo dopo le 04,16, giungeva l’apparecchiatura per alcooltest.
Tale tempistica altamente dilazionata rende evidenti le lacune probatorie sopra delineate.
Ed invero, se – ad ogni buon conto – le risultanze dimostrano un andamento blandamente decrescente del valore di alcool nell’aria alveolare, tanto da rendere credibile che in tale momento storico il R.M. si trovasse nella fase di parabola discendente, è però da rilevare che l’impossibilità di determinare la velocità di incremento e decremento del metabolismo dell’alcool non rende possibile determinare, con certezza, se l’imputato – al momento del fermo – fosse già all’interno della seconda fascia di rilevanza penale.
In sintesi, non si può escludere che al momento della conduzione del mezzo il R.M. denotasse un tasso alcolemico inferiore al limite minimo di cui alla fascia che oggi viene richiamata dall’imputazione.
Per tali ragioni, dunque, non essendo dimostrativo – oltre ogni ragionevole dubbio – l’esito alcooltest prodotto dal Pubblico Ministero, ne consegue che non appare possibile collocare in modo certo il prevenuto all’interno di una delle tre fasce in cui è diviso l’art. 186 comma secondo C.d.s., di talché la condotta del prevenuto deve essere ricondotta – in favor rei – alla fascia a) del già citato art. 186 C.d.s.
Atteso che la novella di cui alla L. 120/10 ha depenalizzato il fatto di cui alla fascia in esame, non rimane che mandare assolto l’imputato del reato ascrittogli perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Il carico di lavoro di questo Ufficio giustifica il termine di giorni quarantacinque per il deposito della motivazione.
 
P.Q.M.
 
Visto l’art. 530 c.p.p.,
riqualificato il fatto di cui all’imputazione nella violazione dell’art. 186 comma II° lett. a) C.d.s., assolve R.M. dal reato a lui ascritto perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Motivazione in quarantacinque giorni.
Salò, 10 dicembre 2010.
Il Giudice
Dott. Matteo Mantovani

 

 
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